I musei collezionano il lockdown

Gli oggetti simbolo della pandemia di Covid-19 stanno entrando nelle collezioni di tutto il mondo. Un progetto organico del Mucem di Marsiglia

«Senza titolo» di Sébastien Dufeu. © Mucem
Luana De Micco |  | Marsiglia

Il Mucem di Marsiglia sta raccogliendo i ricordi del lockdown. Il 20 aprile scorso, mentre mezzo mondo si chiudeva per far fronte all’epidemia di Covid-19, il Museo delle civiltà d’Europa e del Mediterraneo ha lanciato una grande colletta di oggetti «testimoni» di questo periodo. «Il Mucem è un museo di società. Era quindi importante per noi interessarci a questo fenomeno che tocca la metà della popolazione mondiale, ha spiegato Émilie Girard, direttrice delle collezioni. Non essendo possibile inviare degli etnologi sul campo, abbiamo fatto appello alle persone, chiedendo a chi lo desiderava di spedirci delle proposte di oggetti che sono stati importanti in questo periodo».

Al 31 maggio il museo aveva raccolto 540 proposte di doni da tutta Europa e dal mondo. Da allora il team del Centre de conservation del Mucem sta studiando le proposte ricevute e ha preselezionato circa 150 oggetti che potranno entrare nelle collezioni permanenti: dalle mascherine fatte in casa, di cui una realizzata con la carta come un origami, alle autocertificazioni per le uscite, dagli striscioni esposti alle finestre in sostegno a medici e infermieri a oggetti del quotidiano, pantofole, giochi da tavolo, «diari di confinamento», oltre che molte fotografie di città deserte.

L’associazione «Le mille e una Italia» di Marsiglia ha proposto delle mascherine cucite da una mamma di Siracusa e inviate alla figlia residente in Francia. Arsène, 11 anni, ha costruito un «museo in miniatura» ritagliandolo nel cartone e disegnando delle opere alle pareti. Lili ha proposto al Mucem il «calendario del confinamento» su cui ha annotato le attività svolte in famiglia e barrato i giorni, mentre Isabelle, 70 anni, appassionata di teatro, ha conservato i biglietti di tutti gli spettacoli a cui non ha potuto assistere. Joëlle ha inviato la piantina del suo quartiere su cui ha tracciato con il compasso un cerchio con centro sulla sua casa: è la zona entro un raggio di 1 km in cui era autorizzato muoversi nell’ora di uscita quotidiana concessa dalle regole del lockodwn francese.

Alcuni si sono improvvisati artisti, come Benoît che per la Pasqua ha decorato ironicamente con uova e coniglietti di cioccolato la scorta di carta igienica, mentre Sébastien ha realizzato un fotomontaggio mettendo in scena un dolcetto (una madeleine francese) che si affaccia alla finestra. Émilie Girard non esclude che questi oggetti possano essere al centro di una mostra futura sul tema del confinamento, ma alcuni potrebbero già essere esposti nella mostra «Hiv/Aids, l’epidemia non è finita», in programma dal 15 dicembre al 2 maggio 2022.

Ma gli oggetti simbolo del lockdown e della pandemia di Covid-19 stanno entrando nelle collezioni dei musei di tutto il mondo.

«Collette» simili a quella del Mucem di Marsiglia sono, infatti, in corso anche a Vienna al Wien Museum, con il vasto Corona Collection Project, uno dei primi ad essere stato lanciato, alla Maison de l’Histoire Européenne di Bruxelles, in collaborazione con diversi musei europei, e al Victoria and Albert Museum di Londra. Quest’ultimo sta raccogliendo per le sue collezioni di design alcune invenzioni della pandemia, tra cui la maniglia per aprire le porte col gomito, senza usare le mani, ideata dagli architetti Ivo Tedbury e Freddie Hong.

In Italia, è il Museo diocesano Tridentino di Trento ad aver aperto sul suo sito il Museo della Quarantena, una colletta, ma solo digitale, curata da Lorenza Liandru: chiunque vi può partecipare inviando la foto di un oggetto emblematico di questo periodo con una «schedina» in cui si spiegano i motivi dell’invio (a gennaio ne erano presentate poco meno di 200).

Il Museum of the City of New York raccoglie le fotografie scattate dagli abitanti della città durante il lockdown (#CovidStoriesNYC), mentre la Bibliothèque Nationale de France di Parigi sta archiviando tutti i contributi web. Lo scorso novembre  il Museum of London di Londra, in collaborazione con il Museum of Dreams della Western University di London (Canada), ha lanciato il progetto «Guardians of Sleep» per conservare i sogni dei londinesi durante il lockdown, che si stanno documentando raccogliendo testimonianze e racconti orali sulla piattaforma Zoom.

In Francia, il Centro nazionale delle ricerche e l’Università di Paris-Nanterre hanno lanciato il progetto #VitrinesEnConfinement, curato dalle ricercatrici Sarah Gensburger e Marta Severo. Si stanno raccogliendo le immagini delle vetrine dei negozi costretti a chiudere durante il lockdown (la raccolta esiste anche in italiano, #VetrineInQuarantera).

© Riproduzione riservata Arsène Beninca «Musée miniature en carton» photographie numérique, 2020 ©Mucem
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