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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliUna personale di Robert Indiana alla Galleria d’arte Maggiore
Dopo una rassegna dedicata ad Andy Warhol, la Galleria d’arte Maggiore Gam della famiglia Calarota continua nel solco della Pop Art, con una esposizione sullo statunitense Robert Indiana (New Castle, 1928) che si svolge sino al 31 marzo.
La mostra espone alcuni fra i lavori tipici dell’artista, tra cui «Love-Red and Violet», vera opera simbolo se si tiene conto che a diverse versioni Indiana lavora dal 1966 al 1999, e «One through Zero (Numbers)» del 1978-2003, entrambe centrali nel repertorio di immagini dell’autore.
Indiana, infatti, autodefinendosi un «Pittore americano dei segni» dimostra in questa produzione tutta la sua attenzione all’immagine che da parola e pittura (i lavori citati, in origine, erano dipinti e disegni) «sfonda» nella terza dimensione e prende la forma di varie iconiche sculture, sorta di totem artistico della civiltà contemporanea che l’artista denomina «Poesie scultoree».
«Love» simboleggia l’intera produzione dell’americano, è il lavoro di una vita se si tiene conto che venne ideata nel 1964 quando Indiana su commissione del MoMA di New York la pone su una cartolina di auguri natalizi poi trasformata nel francobollo ufficiale americano e oggi, come si vede nella mostra bolognese, una scultura in alluminio policromo.
«Amor», altra opera che si incontra lungo il percorso alla Maggiore, segue la medesima veste tipografica di «Love», mentre «One through zero» ripropone i dieci numeri, da zero a nove, non allestiti in ordine crescente, ma disposti dall’artista secondo un’organizzazione sempre mutevole che, in base alla combinazione e all’accostamento, genera interpretazioni differenti.
Fascinazione per i numeri, dunque, che Indiana ha sempre ammesso essere una sua ossessione.
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