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«Liquid Circuit» (1987) di Tishan Hsu, Minneapolis, Frederick R. Weisman Art Museum

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«Liquid Circuit» (1987) di Tishan Hsu, Minneapolis, Frederick R. Weisman Art Museum

Hsu il profeta

Già negli anni ’80 l'artista studiava l’impatto della tecnologia (usando Photoshop)

Federico Florian

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Los Angeles. Tishan Hsu, artista multimediale americano, classe 1951, è il protagonista della prima retrospettiva statunitense all’Hammer Museum di Los Angeles dal 26 gennaio al 19 aprile. Architetto di formazione, Hsu, a metà anni Ottanta, cominciò a produrre lavori che esaminavano l’impatto della tecnologia e dell’intelligenza artificiale sul corpo e sulla condizione umana.

Un approccio artistico, il suo, alquanto distante dalle strategie dell’appropriazionismo o dall’estetica Neo-Geo di quegli anni, eppure incredibilmente vicino al lavoro di molti giovani artisti contemporanei. «Tishan Hsu: Liquid Circuit», pertanto, si propone di reintrodurre al pubblico l’opera quasi profetica di un’artista in linea con le preoccupazioni del nostro presente.

In mostra circa trenta sculture, realizzate tra il 1980 e il 2005, insieme a bassorilievi, disegni e opere multimediali, che evocano il Minimalismo nelle loro forme ridotte ed essenziali, e i cui colori e superfici alludono ai pixel e agli schermi della Computer Age.

Tra i must-see, gli iniziali esperimenti di Hsu in Photoshop, uno fra i primi a utilizzare il nuovo software di manipolazione fotografica digitale; interessanti, inoltre, i materiali che compongono molte delle sculture esposte, da piastrelle (allusione a interni domestici e all’immagine digitale intesa come mosaico di singole unità di dati) a uretano e resine alchidiche, sostanze innovative all’epoca in cui i lavori vennero creati.

La seconda tappa della mostra, a cura di Sohrab Mohebbi e Aram Moshayedi, verrà ospitata allo Sculpture Center di New York dal 9 maggio al 17 agosto.
 

Federico Florian, 25 gennaio 2020 | © Riproduzione riservata

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