Green attitude. Mostre e musei tagliano i consumi

Dal Louvre al Guggenheim Bilbao, dal MaXXI alla Serpentine: riduzione dei consumi, riciclo dei materiali, noleggio degli imballaggi, riutilizzo delle strutture espositive e condivisione con altre istituzioni. E mostre più sostenibili e meno blockbuster

Utilizzo «ecologico» dell’acqua attorno  al Guggenheim Bilbao
Luana De Micco |  | Parigi

Ad aprile il Louvre ha comunicato di aver non solo raggiunto, ma anche superato l’obiettivo fissato nel 2020 di ridurre del 10% in cinque anni il proprio consumo energetico: tra il 2018 e il 2021, il museo parigino ha tagliato del 16% il suo consumo di elettricità, del 28% il consumo di acqua fredda e del 10% quello di acqua calda. Il che rappresenta un risparmio generale di 1.160 tonnellate di CO2 all’anno, «l’equivalente di 10mila tragitti Parigi-Marsiglia in automobile», dichiara il museo in una nota.

Alcuni giorni dopo, il Guggenheim Bilbao ha presentato un piano di sviluppo sostenibile che prevede misure in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite del 2015. Il museo spagnolo punta sul riciclo dei materiali. Intende privilegiare il noleggio degli imballaggi, oltre alla fabbricazione di nuove casse, il riutilizzo delle strutture espositive, limitando la costruzione di nuove pareti, e la condivisione con altre istituzioni delle attrezzature museali e del trasporto delle opere.

L’emergenza climatica e le crisi, sociale, economica e sanitaria, stanno trainando la «green attitude» dei musei, accelerando un processo lungo, iniziato tempo fa. Tornando a Parigi, il Louvre ha aderito da più di dieci anni al principio della Responsabilità sociale dell’impresa e ottenuto nel 2020 la certificazione ISO 50001 per la sua gestione energetica. Già dal 2011 il museo è illuminato da oltre 3mila Led, quattro volte più economici delle lampadine tradizionali.

Nel 2019 la Tate di Londra ha proclamato l’«emergenza climatica» impegnandosi a ridurre di almeno il 10% la sua «carbon footprint» (impronta di carbonio) entro il 2023. In materia di architettura ecosostenibile, il Musée du quai Branly, il museo etnologico dedicato alle civiltà non occidentali di Parigi, aperto nel 2006 su progetto di Jean Nouvel, è stato concepito sin dall’inizio con un impianto di pannelli fotovoltaici, sonde geotermiche e una parete verde che riveste la facciata sulla Senna.

Più di recente lo SFER IK, aperto nel 2018 a Tulum, nello Yucatán (Messico), progettato da Eduardo Neira, in arte Roth, usa materiali locali e durevoli, integrandosi nel territorio, come già nel 1998 lo spettacolare Centro Culturale Tjibaou di Renzo Piano a Numea (Nuova Caledonia). In Italia, il nuovo progetto Grande MaXXI, presentato il 10 febbraio, prevede l’installazione di 3mila metri quadrati di pannelli solari sul tetto del museo di Zaha Hadid e la creazione del MaXXI Hub, un nuovo edificio sostenibile, con un tetto verde, dedicato alle opere site specific.

Le iniziative si moltiplicano. L’italiana Lucia Pietroiusti ha fondato il progetto di «ecologia generale» che intende rivedere in chiave ecologica i programmi della Serpentine Gallery di Londra. Christie’s è stata la prima casa d’aste a convertirsi, nel 2021, alla sostenibilità con la Global Sustainability Initiative impegnandosi ad arrivare a zero emissioni entro il 2030. A gennaio è nata la Gallery Climate Coalition Italia, «costola» italiana della rete fondata a Londra da professionisti dell’arte per sviluppare nel settore strategie a minor impatto ambientale in materia di imballaggi, viaggi, riciclo dei rifiuti.

Anche il modo di allestire le mostre si sta rivoluzionando. La direttrice del Moderna Museet di Stoccolma, Gitte Ørskou, ha annunciato che per il programma di mostre del 2022 incoraggia gli artisti a lavorare sul posto realizzando solo opere site specific. Il 27 e 28 gennaio scorso, i responsabili dei musei francesi si sono riuniti al Palais des Beaux-Arts di Lille per riflettere su un modello «sostenibile» di mostre, meno spettacolari, con meno prestiti esteri, che durino più a lungo e siano più distribuite sul territorio, in antitesi al modello della mostra blockbuster, che attraendo un gran numero di visitatori in tempi brevi, permette di generare ricavi significativi.

Un esempio di questa nuova generazione di mostre è stata «Les Arts de l’Islam», organizzata dal Louvre e dalla Réunion des Musées nationaux, che, dal novembre 2021 al marzo 2022, si è tenuta in 18 città in tutta la Francia coinvolgendo non solo musei, ma anche biblioteche, mediateche e centri culturali.

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