Erwin Dominik Osen, «La ballerina Moa Mandu», 1912 (particolare) © Leopold Museum, Wien/Manfred Thumberger

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Erwin Dominik Osen, «La ballerina Moa Mandu», 1912 (particolare) © Leopold Museum, Wien/Manfred Thumberger

Gli anelli deboli

Al Leopoldi Museum di Vienna il lascito dell’elettropatologo Stefan Jellinek che comprende un mai esposto corpus di ritratti di pazienti ad opera di Erwin Dominik Osen, amico e modello di Egon Schiele

All’origine della nuova mostra del Leopold Museum vi è il lascito dell’elettropatologo Stefan Jellinek, comprendente un mai esposto corpus di ritratti di pazienti ad opera di Erwin Dominik Osen (1891-1970), realizzati nel 1915 nel Garnisonsspital II di Vienna e acquistati di recente dal museo.

Oltre che artista, proprio nel 1915 Osen fu anche paziente dell’ospedale viennese. Osen fu inoltre sia modello che amico di Egon Schiele e il dialogo fra opere dell’uno e dell’altro propone un interessante nuovo aspetto non solo della produzione dell’espressionista Schiele, che soprattutto attorno al 1910 dedicò la propria attenzione a ritratti di pazienti anche psichiatrici, donne incinte, puerpere e neonati, ma pure dell’interesse che le arti nutrirono per la scienza all’inizio del Novecento in una città come Vienna, allora primario centro internazionale di ricerca medica.

La loro biografia si intersecò fino allo scoppio della prima guerra mondiale, culminò nelle estati del 1910 e del 1912, trascorse assieme a Krumau, ma anche nell’uso congiunto di atelier, ed è documentato pure da un fitto epistolario. La firma di Osen è inoltre sul documento fondativo del gruppo Neukunst attorno a Schiele, del 1909, dove si definisce «pittore per le arti sceniche» e che potrebbe segnare l’inizio della loro frequentazione.

Il titolo della mostra, «The body electric» fa riferimento al componimento del poeta americano Walt Whitman I sing the body electric del 1855 sul tema della fisicità e della psiche, che permea anche la selezione di lavori di Osen e di Schiele esposti fino al 26 settembre. Di particolare rilevanza è il ritratto che sia Schiele (1911) sia Osen (1912) realizzarono della ballerina e compagna di Osen Moa Mandu, che ben mette in luce l’affinità elettiva dei due artisti quasi coetanei.

Erwin Dominik Osen, «La ballerina Moa Mandu», 1912 (particolare) © Leopold Museum, Wien/Manfred Thumberger

Flavia Foradini, 26 agosto 2021 | © Riproduzione riservata

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Gli anelli deboli | Flavia Foradini

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