Geroglifici tradotti in una frazione di secondo

Algoritmi basati su reti neurali per analizzare immagini permettono di tradurre in tempi impensabili la scrittura egizia offrendo «nuove prospettive per la codifica, il riconoscimento e la traslitterazione»

Un reperto analizzato dalla rete neurale
Stefano Miliani |

Un’applicazione di algoritmi basati su reti neurali per analizzare immagini permette di tradurre in tempi impensabili i geroglifici egizi offrendo «nuove prospettive per la codifica, il riconoscimento e la traslitterazione». Lo sostiene il Cnr a proposito di una ricerca cui hanno partecipato l’Istituto di fisica applicata «Nello Carrara»-Ifac del Cnr, il Dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’Università di Firenze, il Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies (Camnes).

Andrea Barucci, fisico di Ifac, spiega: «Usiamo una classe di algoritmi chiamati “reti neurali” che si ispirano alla mente umana imparando dai dati che vengono loro mostrati. La rete si chiama Glyphnet e le abbiamo mostrato 6mila geroglifici: può classificarli tutti anche se sciupati, riconosce i simboli, apprende le differenze. Glyphnet può classificare e tradurre in una frazione di secondo un documento che a un egittologo richiede tempi enormi. Se Glyphnet vede una parete con un milione di geroglifici, li identifica tutti e indica dove stanno. E permetterà anche di arrivare a vedere la mano dello scriba. In medicina questa tecnica si usa per identificare zone malate rispetto alle sane», spiega Barucci.

Massimiliano Franci, del Camnes, ha collaborato come egittologo: «L’applicazione più evidente si ha quando abbiamo segni non leggibili: l’intelligenza artificiale elabora ipotesi in modo estremamente veloce, molto utili per casi dubbi o difficoltosi, che poi vanno vagliate dagli egittologi. Non sostituirà il nostro mestiere». Lo studio è scaturito da una tesi di laurea di Marco Loschiavo che ha partecipato alla ricerca come Costanza Cucci e Fabrizio Argenti.

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