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Elena Franzoia
Leggi i suoi articoliEsposta l’imponente statua rimasta per 16 anni nei depositi della Soprintendenza
Agosto 1974. Da quattro anni, il vasto piazzale antistante il Duomo sta restituendo, grazie a opportune campagne di scavo, le antiche vestigia della città, municipium romano già dal 39 a.C.: un battistero paleocristiano e un grande edificio altomedievale sotto cui emerge una strada lastricata del II-V secolo d.C., affiancata da edifici commerciali, residenziali e una probabile schola. L’architetto Ferruccio Franzoia, allora ispettore onorario della Soprintendenza archeologica del Veneto, e l’archeologo Michele Doriguzzi rinvengono un’imponente statua maschile acefala in marmo pario, parzialmente avvolta in un ampio drappeggio. La statua si rivelerà essere un Asclepio riconducibile al tipo Museo Nuovo, probabilmente scolpito ad Aquileia in età traiano-adrianea e collocato nella schola: l’esemplare più grande finora rinvenuto, tale da raggiungere, integro, i 2,20 metri di altezza. Scavi successivi restituiranno circa 200 frammenti della testa ricciuta e del serpente, classico attributo del dio medico che, dispensatore di salute, godeva di diffuso culto anche privato e laico.
A 41 anni dal ritrovamento, e a 20 dall’apertura al pubblico della vasta area archeologica (1.000 mq), il grande Esculapio esce dai magazzini della Soprintendenza, dove era conservato dal 1999, per ritornare a Feltre. Esposta fino al 18 ottobre 2016 nell’Oratorio dell’Annunziata, la statua è stata restaurata dalla ditta Diego Malvestio di Concordia Sagittaria in collaborazione con l’Istituto Superiore della Conservazione e del Restauro. Le puliture a secco e con soluzione detergente di acqua demineralizzata e tensioattivo sono state integrate per le incrostazioni sul retro con mirati interventi laser. Il supporto espositivo, privo di perni interni, è stato realizzato in tessuto di carbonio impregnato con resina epossidica. Allestita dall’architetto Giuliana Zanella, la mostra «L’Esculapio di Feltre, dal rinvenimento al restauro» rappresenta peraltro un caso esemplare, esponendo, rileva la soprintendente Simonetta Bonomi, il primo restauro italiano di bene archeologico pubblico realizzato attraverso l’ArtBonus previsto dalla legge 106/2014. L’intero costo (25mila euro) è stato infatti sostenuto dalla ditta Unifarco di Santa Giustina (Bl), specializzata in prodotti farmaceutici.
Il Comune di Feltre ha invece coordinato il fertile tessuto associativo locale il cui contributo ha coperto i costi di allestimento (20mila euro). Benché tuttora dolga la mancata risoluzione dell’area del Duomo secondo il mirabile progetto di Carlo Scarpa, il giovane sindaco Paolo Perenzin spiega come la mostra rientri in un ampio progetto comunale di valorizzazione archeologica (Feltria) cui afferiscono nuove indagini nell’area del Belvedere e la trasformazione dell’attuale Museo Civico in Museo Civico Archeologico. Destinazione che consentirà non solo di ospitare l’Asclepio e parte degli altri ingenti reperti feltrini (650 casse) custoditi dalla Soprintendenza, ma anche di intercettare più incisivamente il consistente flusso turistico, soprattutto tedesco, che insiste sulla vicina Via Claudia Augusta.
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