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Dubita, perditi e gioca

Dubita, perditi e gioca

Federico Florian

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Nessuna accademia o scuola d’arte è menzionata nel curriculum vitae di Carsten Höller (1961). Prima di scorrere la ricchissima lista di mostre personali e collettive cui ha preso parte, salta all’occhio un dottorato in scienza dell’agricoltura, con specializzazione in comunicazione olfattiva degli insetti. Quello che oggi è considerato una star dell’arte contemporanea, era fino ai primi anni Novanta un eminente scienziato. Non è un caso, pertanto, che l’arte di Höller sia volta a scardinare certe consolidate interpretazioni del reale.

 

Un’arte ludica, partecipativa, che prevede il coinvolgimento diretto del pubblico: i suoi lavori, testati ed esperiti in prima persona dai visitatori, offrono un insolito sguardo sul mondo, attraverso una ridefinizione delle coordinate percettive. «Doubt» è il titolo della personale che l’HangarBicocca dedica all’artista belga, dal 7 aprile al 31 luglio: «Doubt» come «dubbio», principio fondativo del pensiero empirista.

 

L’esposizione, a cura di Vicente Todolí, propone oltre venti opere, tra lavori storici e lavori nuovi, alcuni dei quali coprodotti insieme alla Hayward Gallery di Londra. Binaria è la struttura della mostra milanese: le navate dell’Hangar sono divise in due sezioni accessibili da due ingressi separati. I visitatori, per poter entrare, devono scegliere un colore, verde o giallo.

 

Le opere sono collocate sull’asse centrale dello spazio: il pubblico è invitato a vederne prima una metà, per poi scoprirne l’altra metà percorrendo il lato opposto, ma solo in un secondo momento. «Puoi avere la sensazione di perderti qualcosa perché c’è sempre un’altra possibilità, o c’è sempre un altro modo di percorrere la mostra», afferma Höller.

 

Apre il percorso espositivo l’installazione «Y» (2003), composta da numerose lampadine che si accendono a intermittenza, insinuando nel visitatore il dubbio sulla direzione da prendere. «Decision Corridors» (2015) contribuisce ad accrescere la sensazione di spaesamento: formata da due strutture speculari in acciaio su diversi livelli, l’opera conduce lo spettatore attraverso un sentiero buio e labirintico, capace di far perdere le coordinate spazio-temporali.

 

Tra gli altri lavori in mostra «Upside-Down Goggles» (1994-2016), che consente al pubblico di vedere il mondo capovolto indossando uno speciale paio di occhiali, «Two Flying Machines» (2015), con le quali è possibile sperimentare la sensazione del volo, e «Double Carousel» (2011), una psichedelica giostra per adulti.

 

Federico Florian, 02 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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