Dietro il nano Morgante un universo di simboli

Il «Ritratto del nano Morgante» di Agnolo Bronzino, Firenze, Galleria degli Uffizi
Luca Scarlini |

Il ritratto del nano Morgante, capolavoro di Bronzino, attrae l’interesse dei visitatori agli Uffizi nella sala dedicata al pittore fiorentino, inchiodandoli di fronte a un'opera che con i mezzi della pittura sfida la scultura, secondo un duello che nel tardo Cinquecento fiorentino ebbe importanti momenti di riflessione teorica e di pratica estetica.
Sefy Hendler dipana autorevolmente i molti simboli, spesso oscuri, che albergano la tela, in cui il «mostro grazioso e bello», come recita l’epitaffio ordito dal Lasca, reca in braccio uno strige, ossia una civetta, con cui si praticava la caccia.

Nel colloquio tra questa icona manierista, e i due fastosi ritratti dei coniugi Panciatichi, vicini alla famiglia Medici, si presenta lo spaccato di un momento dinamico di comunicazione nelle arti, in cui i pittori scrivono poesia (come Bronzino) e gli artisti si cimentano con le icone. Le avventure del
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