«Cerimonia giapponese», di Brigitte Schindler, 2019 (particolare). © Brigitte Schindler

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«Cerimonia giapponese», di Brigitte Schindler, 2019 (particolare). © Brigitte Schindler

Dieci privilegiati per volta

Ritorno a una normalità più sofisticata per la Collezione iniziata da Achille Maramotti

Stefano Luppi

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La Collezione Maramotti, ospitata nella prima sede dell’azienda Max Mara, è una raccolta d’arte contemporanea ideata negli anni Settanta dall’industriale del tessile Achille Maramotti.

Ricordando i mesi di lockdown, la responsabile Sara Piccinini osserva: «L’arte ci ha aiutato a farci sentire più connessi, a coltivare la curiosità, a riflettere e re-immaginare il presente e il futuro. Durante il periodo di chiusura, nel rispetto di una linea di comunicazione essenziale che mette al centro gli artisti, abbiamo sviluppato diverse attività digitali, condividendo immagini, storie e approfondimenti sui nostri artisti e sui progetti che abbiamo presentato negli anni».

Iniziative digitali hanno sostituito le visite fisiche: «Sulle nostre pagine Instagram e Facebook abbiamo pubblicato la nuova serie #paroledartista, brevi letture in cui gli artisti si raccontano attraverso le loro opere. Sul nostro canale YouTube abbiamo presentato il video della nuova mostra di Svenja Deininger (posticipata come il resto dell’attività espositiva) e, inoltre, grazie alla collaborazione con i Teatri di Reggio Emilia e delle compagnie di danza coinvolte, abbiamo messo a disposizione le riprese integrali di alcune performance site specific presentate negli anni passati in Collezione Maramotti. Tra queste Trisha Brown Dance Company, Saburo Teshigawara e Hofesh Shechter. Ora con la riapertura il nostro interesse è offrire una fruizione diretta e personale dell’arte, un’esperienza insostituibile e non mediata. Abbiamo messo a punto una modalità di visita con accessi ancora più limitati (10 invece dei soliti 25) e nel rispetto delle disposizioni sanitarie».

La Collezione Maramotti presenta quest’anno due mostre temporanee: la personale «Two Thoughts» di Svenja Deininger, in corso e prorogata fino al 6 dicembre, e la collettiva «Mollino/Insides», con opere di Enoc Perez, Brigitte Schindler e Carlo Mollino dal 4 ottobre al 14 marzo 2021.

Svenja Deininger (Vienna, 1974), attiva tra la capitale austriaca, Berlino e Milano, presenta un ciclo di nuovi dipinti concepiti per la mostra, posti in dialogo con quattro dipinti degli anni Venti del polacco Władysław Strzemiński, prestati dal Muzeum Sztuki di Łódź. Prendendo spunto dalla ricerca di Strzemiński e dalle sue Architectural Compositions, l’artista ha realizzato dipinti astratti attraverso stratificazioni di colore realizzate mescolando colori a olio, gesso, polvere di marmo e colla.

L’esposizione «Mollino/Insides» propone invece dipinti di Enoc Perez (Puerto Rico, 1967) accanto a fotografie di Brigitte Schindler (Monaco di Baviera, 1972) e dell’architetto e designer torinese Carlo Mollino (1905-73). L’ultima dimora di Mollino a Torino in via Napione, oggi Casa Museo, è il soggetto dei dipinti di Perez e delle fotografie di Schindler. Accompagnano le opere alcuni scatti di Mollino degli anni Cinquanta e Sessanta a varie sue modelle, sfumate nell’essenza misteriosa dell’immaginario che abitano. Molte le aderenze tra i due artisti contemporanei e l’architetto. Dalla seconda metà degli anni Novanta, infatti, Perez ha avviato una ricerca su architetture iconiche del Novecento da cui ha tratto dipinti inediti. Schindler, dopo avere visto la casa di Mollino, ha dato vita a immagini che ne intercettano misteri, visioni e connessioni.

La Collezione Maramotti comprende centinaia di opere d’arte dal 1945 al XXI secolo. Oltre duecento sono esposte in permanenza, per rappresentare alcune delle principali tendenze artistiche italiane e internazionali degli ultimi decenni, da quelle espressioniste e astratte degli anni Cinquanta alla Pop art romana, all’Arte povera, alla Transavanguardia, al Neoespressionismo tedesco e americano, sino a un gruppo considerevole di opere della New Geometry americana degli anni Ottanta-Novanta. Dal 2019 le ultime dieci sale dell’esposizione permanente sono state riallestite e dedicate a dieci progetti presentati dal 2008 al 2017.

«Cerimonia giapponese», di Brigitte Schindler, 2019 (particolare). © Brigitte Schindler

Stefano Luppi, 07 agosto 2020 | © Riproduzione riservata

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