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Olga Scotto di Vettimo
Leggi i suoi articoliUn comune sentimento per il tragico accomuna i lavori che Antonio Biasiucci e Nino Longobardi espongono dall’8 gennaio al 28 febbraio a CasaMadre. Le motivazioni della mostra vanno ricercate nel desiderio dei due artisti di confrontarsi su un terreno comune, quindi su tematiche da sempre oggetto della loro riflessione, condotta con mezzi espressivi diversi.
Biasiucci (Dragoni, Caserta, 1961) propone un polittico fotografico composto da 24 immagini di teschi cavi, probabilmente da attribuire a uomini strappati alla vita in modo violento. Si tratta, forse, dei resti di «morti di guerra», come farebbero pensare i segni di colpi di spade o di martelli che si ritrovano sui crani conservati nel Museo di Antropologia dell’Università degli Studi di Napoli «Federico II». Altra parte della mostra è costruita con le fotografie di mozzarelle che, immerse nel siero, appaiono simili a feti nel liquido amniotico, alludendo così al tema della rinascita.
Completano il percorso quattro ritratti. L’abbinamento degli opposti, la luce e l’ombra, la vita e la morte, definiscono anche tradizionalmente il lavoro di Nino Longobardi (Napoli, 1953), che espone crani in gesso e in altri materiali posti su basi metalliche. Il segno scultoreo emerge, però, anche nei volti disegnati sulle carte che contribuiscono a costruire un percorso di affinità e di differenze con le opere di Biasiucci, con il quale Longobardi condivide anche la scelta di lavorare soprattutto sulle molteplici sfumature di bianco e di nero.
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