Eugène Delacroix, «Dante et Virgile aux Enfers», 1822 © RMN-Grand Palais (musée du Louvre) Franck Raux

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Eugène Delacroix, «Dante et Virgile aux Enfers», 1822 © RMN-Grand Palais (musée du Louvre) Franck Raux

Delacroix disorientante

Al Louvre riuniti 180 dipinti del padre del Romanticismo francese

Eugène Delacroix era «un giovane impaziente e avido di riconoscimento». Per farsi notare scelse il Salone del 24 aprile 1822 e un tema «originale ma anche trasgressivo», una scena ispirata all’VIII canto dell’Inferno di Dante, con Virgilio e il vate traghettati sul fiume Stige. Lavorò «nell’urgenza e con accanimento, fino a tredici ore al giorno, cosa che diventò un’abitudine». Si sa che, terminato il lavoro, il giovane pittore, all’epoca 24enne, era spossato e debole: «Se riesco a portare a termine questa impresa, in soli due mesi sarò riuscito a realizzare un dipinto notevole, che contribuirà a farmi conoscere», scrisse alla sorella. Il quadro «La barca di Dante», che ricordava la «Zattera della Medusa» di Géricault del 1818-19, sollevò un immenso clamore: «La straordinaria ricchezza e inventività cromatica di Delacroix è già tutta riassunta in qualche centimetro quadrato di tela, ravvivata dalla grande macchia rossa del cappuccio di Dante, in contrasto con il verde del mantello», scrivono Sébastian Allard, direttore del dipartimento dei Dipinti del Louvre, e Côme Fabre, conservatore presso il medesimo dipartimento. I due storici dell’arte raccontano l’episodio nel catalogo, scritto a quattro mani, della mostra «Delacroix (1798-1863)», che si tiene al Louvre dal 29 marzo al 23 luglio e di cui sono curatori. È la prima grande retrospettiva su Delacroix che si tiene a Parigi dal 1963.

Louvre e Metropolitan di New York hanno collaborato per riunire più di 180 dipinti (con prestiti anche da Germania, Canada, Belgio, Gran Bretagna e di diversi musei francesi) e proporre un approccio nuovo all’opera del pittore, considerato il capostipite del Romanticismo francese. Il percorso, cronologico, ne ripercorre la carriera, poco più di quarant’anni (dal 1821 al 1863), e si articola in tre grandi sezioni. La prima si concentra sulla prima decina di anni di lavoro di Delacroix, in rottura con il sistema neoclassico: anni di scandali e trionfi e dei suoi quadri più famosi, «Il massacro di Scio», che fu esposto al Salon del 1824 sollevando critiche impietose, «La morte di Sardanapalo», accolto freddamente al Salon del 1828, e «La libertà che guida il popolo» del 1830, con la Marianna a seni nudi in rivolta diventata icona della lotta per le libertà. La mostra si sofferma anche sulla maturità dell’artista.

La seconda sezione è sul periodo 1835-55, gli anni della «Furia di Medea» (1838), prima tela di grandi dimensioni ispirata alla mitologia greca, e di committenze di prestigio per decorazioni murali di edifici pubblici, come il Salon du Roi del Palais Bourbon, attuale sede del Parlamento francese. La terza sezione è sugli ultimi anni, in cui Delacroix si interessa ai paesaggi marini, agli studi di onde e scogliere di Etretat. «La stupefacente semplicità con la quale Delacroix passa da un genere pittorico all’altro, l’abilità di inserirsi in tradizioni eterogenee come quelle di Rubens, Monnoyer, Veronese, Ribera e della scuola di Fontainebleau, passando dai registri più patetici e austeri ai più decorativi e esuberanti, è disorientante», scrivono Allard e Miller.

Dal 15 marzo al 25 giugno, il Louvre dedica una mostra anche a Israël Silvestre (1621-91), uno dei grandi incisori francesi del XVII secolo. In «La Francia vista dal Grande Secolo» sono allestite 81 opere, soprattutto disegni, alcune presentate per la prima volta e restaurate per l’occasione, per lo più provenienti dai fondi del museo.

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Eugène Delacroix, «Dante et Virgile aux Enfers», 1822 © RMN-Grand Palais (musée du Louvre) Franck Raux

Luana De Micco, 05 marzo 2018 | © Riproduzione riservata

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Delacroix disorientante | Luana De Micco

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