Culti e riti misterici nel santuario di Pyrgi

Sulla spiaggia a sud del Castello di Santa Severa proseguono le ricerche nel santuario etrusco celebre per aver restituito nel 1964 le straordinarie lamine d’oro iscritte in etrusco e fenicio

Il Frontone dal Tempio A di Pyrgi Una veduta aerea dell'area di scavo di Pyrigi Una veduta aerea dell'area di scavo di Pyrigi
Giuseppe M. Della Fina |  | Santa Marinella (Rm)

«Questa è la storia di una delle più grandi scoperte archeologiche del nostro secolo. È una storia non passata, ma presente, viva, vicinissima», così scriveva Sabatino Moscati nel quotidiano «Il Messaggero» del 20 luglio 1964. Si riferiva al ritrovamento delle lamine d’oro con iscrizione bilingue in etrusco e fenicio nel santuario di Pyrgi, che suggerivano la dimensione mediterranea della civiltà etrusca. Lo scavo era iniziato solo alcuni anni prima, il 28 maggio 1957, a seguito di un ritrovamento fortuito avvenuto in un campo arato a sud del Castello di Santa Severa e valorizzato subito da Massimo Pallottino. Da allora le ricerche, condotte dall’Università La Sapienza di Roma, sono andate avanti con regolarità sotto la direzione dello stesso Pallottino (sino al 1980), poi di Giovanni Colonna (1981-2008), di Maria Paola Baglione (2009-15) e ora di Laura Maria Michetti, dal 2016 direttore scientifico dello scavo del santuario, a cui abbiamo chiesto di raccontarci gli ultimi ritrovamenti.

Quali sono stati i risultati dell’ultima campagna di scavo?
La campagna del 2021 ha interessato due diverse aree. Nel complesso sacro, è proseguita l’indagine dell’area retrostante il Tempio A per evidenziare il tratto terminale della via che collegava la città di Caere (Cerveteri) con il santuario di Pyrgi. Nel cosiddetto quartiere pubblico-cerimoniale, lo scavo ha permesso di ampliare la conoscenza di una serie di edifici caratterizzati da orientamenti e tecniche costruttive diversi, precisarne le varie fasi di vita e documentare gli atti rituali che ne hanno sistematicamente scandito le trasformazioni.

Quali erano gli edifici principali del santuario?
Il complesso sacro comprende due aree diverse per monumentalità, culti e frequentazione.Nel santuario monumentale gli edifici più antichi sono il tempio B (510 a.C.),di tipo greco, con una cella circondata da un colonnato, decorato con scene relative a Eracle; l’area C, un piccolo recinto con un pozzo, un altare forato per i culti ctoni e un secondo altare da fuoco; l’edificio delle venti celle con antistanti altari, forse sede della pratica della prostituzione sacra ricordata dalle fonti letterarie. Nel 470/60 a.C. il santuario ricevette un nuovo assetto, con il grande tempio A, di tipo «tuscanico», a tre celle con colonne sulla fronte, decorato con l’eccezionale altorilievo con il mito dei Sette a Tebe, ritenuto uno dei capolavori dell’arte di tutti i tempi. Il secondo santuario, cosiddetto meridionale, si segnala invece per l’assenza di grandi edifici di culto, sostituiti da altari e sacelli in ciottoli, distribuiti senza un apparente piano di sviluppo preordinato. Alla mancata monumentalizzazione si associano eccezionali depositi votivi ricolmi di vasi attici, che testimoniano rituali di tipo misterico e demetriaco e sonodedicati al culto della coppia di Cavatha, assimilabile a Kore-Persefone, e Śuri, una sorta di Apollo infero.

Può descriverci il quartiere pubblico-cerimoniale, che è l’area meno nota?
A nord del santuario monumentale, in un impianto regolare nel quale la via Caere-Pyrgi costituiva un limite della maglia stradale, il complesso di edifici in corso di scavo è da interpretare come un «quartiere pubblico-cerimoniale» con funzioni amministrative e di rappresentanza in relazione al porto. Si segnala un edificio in opera quadrata di tufo (500 a.C.), forse con la funzione pubblica di «casa-torre», la cui fondazione è segnata dalla deposizione di un cane. Una traversa della via Caere-Pyrgi separava questo isolato da un altro occupato da un grande palazzo porticato con tetti rivestiti da terrecotte dipinte; numerose le tracce di cerimonie collettive e atti rituali collegati con le ristrutturazioni subite dal complesso.

Quali sono le vicende storiche principali che hanno interessato il santuario?
Pyrgi, porto di una delle città più rilevanti del Mediterraneo, ha svolto una funzione di primaria importanza grazie alla collocazione sulla direttrice verso le risorse minerarie dell’Etruria settentrionale. Thefarie Velianas, tiranno di Caere, fondò qui un grande santuario, proiezione dell’immagine della città sul mare: la dedica alla dea Uni/Astarte iscritta in etrusco e fenicio sulle celebri lamine d’oro è il simbolo di questo clima internazionale. Più tardi, la fama delle ricchezze del santuario, spinse il tiranno Dionigi I di Siracusa a compierne un saccheggio (384 a.C.), con il pretesto di combattere la pirateria degli Etruschi. Alla metà del III sec. a.C. fu fondata la «colonia maritima» romana, i templi vennero smantellati ritualmente e il culto proseguì all’aperto.

Le campagne di scavo vanno avanti con successo ormai da numerosi decenni. Chi collabora con voi?
Vengono condotte in collaborazione con la Soprintendenza competente ed è stato il primo dei «Grandi Scavi» dell’Ateneo romano, usufruendo in modo costante di un finanziamento dedicato a ricerche di grande tradizione e rilevanza internazionale. Da sempre luogo di formazione per i giovani archeologi, lo scavo coinvolge ogni anno un gran numero di studenti per i quali le attività sul campo rappresentano una formidabile esperienza didattica.

Quali saranno gli obiettivi della campagna di scavo 2022?
Puntiamo a chiarire meglio la fisionomia del «quartiere pubblico-cerimoniale» e i suoi rapporti con il santuario monumentale, nel quale siamo tornati a scavare dal 2019. Pari attenzione riserveremo al rapporto tra Pyrgi e la città madre Caere, segnalato dalla grande arteria stradale, ancora in gran parte da indagare nel suo lungo tragitto dalla città al mare. Le prospettive di ricerca vanno quindi sempre più ampliandosi, ma siamo consapevoli che non possono essere disgiunte dall’attività di promozione e divulgazione dei risultati. Il modello virtuoso di collaborazione già in atto tra enti diversi, Università “La Sapienza”, Soprintendenza, Regione Lazio, Comune di Santa Marinella, non potrà che rivelarsi sempre più proficuo nella tutela e valorizzazione di un luogo così importante e ricco di storia.

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