CONTINENTE ITALIA | Franco Rasma
Artisti italiani, virtuosi non virtuali: le tecniche, i temi e le quotazioni di mercato dei nomi più votati dell'inchiesta

«Ho la sensazione di stare costruendo, giorno dopo giorno, una specie di labirinto. Il mio studio è un labirinto. È una stanza ricoperta di tavolette, una cripta di ex-voto. Un percorso di sentieri che si biforcano e che si moltiplicano. I miei lavori nascono uno dall'altro. Come tessere di un mosaico, elementi di una grammatica di un linguaggio privato e severo. Vorrei costruire una mia ortodossia, un sistema coerente di segni che bastano a sé stessi. Una struttura che emerge da elementi ripetuti che convergono e si intrecciano. Amo il minimalismo, è da lì che sento di venire.
I miei quadri diventano sempre più piccoli. Ho quasi sempre fatto quadri piccoli. Mi è venuto naturale. Credo che abbia a che fare col pudore, con la difficoltà di esibire. E credo che le piccole dimensioni riescano a favorire la condizione psicologica di caduta, di concentrazione, di discesa interiore. Il piccolo rettangolo che ho di fronte diventa l'esatto perimetro della mia follia controllata. Il massimo di eccitazione interna si sostiene con il minimo di dispersione fisica.
Ho bisogno di semplicità. I miei materiali sono tavolette di legno, carta, carbone, olio, cera. È come una pratica ascetica. L'atemporalità è uno degli elementi che rende omogeneo ciò che faccio. Una specie di indeterminatezza storica, che finisce per dare al qui e ora un senso di incertezza e di sradicamento quali solo l'altrove possiede. Qualcosa di legato anche alla struggenza.
La mia è l’ora del crepuscolo, del momento in cui il mondo trasale e attende immobile. L'istante della rivelazione, quella che i Sufi chiamano Zikhr, la rimembranza di Dio. Per questo la luce della mia pittura non è il luogo della ragione, quanto piuttosto quello della rivelazione, dell'apparizione. Convive intrecciata all'ombra che è l'universo del possibile, del profondo, delle infinite modalità dell'esistenza, della condizione aurorale e originaria».
Questo breve testo di Franco Rasma porta dentro tutte le istanze del suo lavoro nel corso di più di cinquant’anni. Percezioni della mente, che scavalcano quel limite del senziente per condurre il fruitore in una landa crepuscolare, in luoghi o condizioni psichiche anche vagamenti extra-corporee. Figure, segni, simboli, un alfabeto universale che pare raccontare la vita di uomo che si è spinto oltre i normali confini della percezione, e da quelle lande, come fossero epifanie, ci invia segnali.
Tra mostre personali è utile ricordare, Franco Rasma alla Galleria Weber (1991), Galleria Scognamiglio e Teano (2004) e la partecipazione ad Art Basel con la Galleria Lucio Amelio (2004), la personale presso MEB Arte Studio (2015). Tra le mostre collettive, Arte italiana ultimi 40 anni, Galleria d'Arte Moderna (1997), Paesaggio Italiano, Galleria Il Milione e Istituto di Cultura Italiana a Koln (1999).
Franco Rasma, Borgomanero, 1943
• MEB Arte Studio
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Una mappa dell'arte italiana nel 2021