Come tutelare la passione per il collezionismo

Sei modi per gestire i propri acquisti nei passaggi ereditari. E intanto alcune aziende stanno individuando nell’arte un investimento con molti benefici

«Batter d’occhio» (2021) di Serena Vestrucci, opera acquisita dal Trust per l'arte contemporanea di Bologna alla ultima edizione di Arte Fiera
Michela Moro |

La costruzione di una collezione include nel suo essere molti aspetti diversi tra loro, perché non si tratta solamente di acquistare opere d’arte seguendo il proprio gusto.

Uno dei passi fondamentali da compiere è stabilire quale forma giuridica possa assumere l’insieme delle opere, per tutelare i beni sia al presente sia nel futuro, in vista di un eventuale passaggio generazionale. La trasmissione ereditaria, infatti, è un tema articolato che deve essere affrontato con grande anticipo e lungimiranza.

Ci sono diverse possibilità, secondo il genere e la struttura della collezione. Fino ad oggi gli strumenti giuridici più utilizzati per realizzare un adeguato passaggio generazionale delle collezioni sono stati la donazione e la fondazione. Ma esistono altri strumenti, anche sotto forma societaria, che possono presentare opportunità fiscali e che si caratterizzano per una più facile e flessibile gestione all’interno dei nuclei familiari interessati.


STRUTTURE NON IN FORMA SOCIETARIA
Trust
Il trust è un istituto giuridico di origine anglosassone, che può essere creato sia inter vivos sia mortis causa, in base al quale il disponente trasferisce i propri beni ponendoli sotto il controllo di uno o più trustee, nell’interesse dei beneficiari o per uno scopo prestabilito.

Il trust si può utilizzare per una pluralità di esigenze, che vanno dal passaggio generazionale di beni, prevenendo possibili conflitti, alla protezione dell’unitarietà e alla conservazione di un patrimonio, fino alla tutela di soggetti deboli e al perseguimento di scopi filantropici.

Nell’ambito delle collezioni d’arte, i più utilizzati sono i trust familiari, i cui beneficiari sono i discendenti del collezionista, o i trust di scopo, che permettono di aprire la collezione alla fruibilità del pubblico.

L’articolo 73 del TUIR, comma 1, annovera il trust tra i soggetti passivi ai fini Ires. Viene così riconosciuta al Trust un’autonoma soggettività tributaria dal punto di vista delle imposte sui redditi.

L’ipotesi più frequente in caso di trust per tutelare collezioni d’arte, quando non si ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, è quello di applicare le norme previste per gli enti non commerciali, ovvero il trust risulta essere tassato in base alle singole categorie reddituali Irpef.

Quando invece si ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale si applicano le norme previste per gli enti commerciali e pertanto i relativi redditi saranno assoggettati alla disciplina prevista in tema di reddito d’impresa.

I trust possono essere «trust trasparenti» quando i beneficiari sono individuati e individuabili e i relativi redditi vengono imputati per trasparenza ai beneficiari come reddito di capitale, oppure «trust opachi» quando i beneficiari non sono individuati e individuabili. In quest’ultimo caso i relativi redditi vengono tassati in capo al trust.

Le tipologie di reddito che il trust può conseguire sono: redditi diversi, in caso di acquisti effettuati con intento speculativo; redditi di capitale, in caso di redditi derivanti da reinvestimenti del ricavato di vendite.

Se però la collezione è gestita in maniera statica o se gli acquisti di opere non sono effettuate con intento speculativo, il trust non andrebbe a realizzare redditi imponibili. Riguardo il trasferimento di beni al trust, questo è in linea generale assoggettato all’imposta proporzionale sulle donazioni e sulle successioni, a seconda se avvenga rispettivamente per atto inter vivos o mortis causa.

L’imposta si applica sulla base delle franchigie e delle aliquote previste in relazione al grado di parentela intercorrente (o meno) tra il disponente e i beneficiari (4%, 6% e 8%).

A tal proposito, sulla base di recenti interventi ministeriali la tassazione proporzionale si applica solo al momento dell’attribuzione ai beneficiari del trust e, cioè, nel momento in cui si attua il trasferimento di ricchezza in modo stabile e duraturo. Tale tema rappresenta un punto di attenzione in quanto una crescita di valore delle opere potrebbe determinare imposizioni latenti future.

In ultimo e per completezza, il trasferimento della collezione al trust di scopo senza beneficiari, e che abbia tra le sue finalità quella di gestire un museo o di rendere fruibile la collezione, non sconta l’imposta in misura proporzionale. Questo principio vale in caso di trust istituiti con atto inter vivos e soggetti all’imposta di donazione.

Resta ferma la tassazione con l’imposta sulle successioni al momento dell’apertura della successione (quindi, al momento dell’istituzione e del trasferimento dei beni) in caso di trust testamentario.

Se il disponente trasferisce al trust opere d’arte vincolate o intere collezioni vincolate, l’imposta di donazione o sulle successioni non si applica (artt. 12 e 13 del d.lgs. n. 346, 1990).

Per le opere d’arte la base imponibile è rappresentata dal valore in comune commercio alla data di apertura della successione (art. 19 del d.lgs. n. 346, 1990).

Associazioni e Fondazioni
In base al dettato dell’art. 3 del TUSD sono previsti i seguenti casi di esenzione dall’imposta:
a) Le successioni in favore dello Stato, delle Regioni, Province e Comuni (nonché altri enti pubblici che abbiano come scopo esclusivo la «pubblica utilità») e Onlus;

b) Le successioni in favore di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute aventi come scopo esclusivo «assistenza, studio, ricerca, educazione, istruzione o altre finalità di pubblica utilità»;

c) Le successioni in favore di fondazioni e associazioni riconosciute che non hanno come scopo esclusivo «assistenza, studio, ricerca, educazione, istruzione o altre finalità di pubblica utilità» se, congiuntamente:
• sono disposte esclusivamente a tali scopi;
• il donatario dimostra di impiegarle effettivamente per tali scopi.

La fondazione deve dimostrare entro 5 anni dall’accettazione dell’eredità o della donazione che i beni (o le somme ricevute dalla loro alienazione) sono stati impiegati a tale scopo (art. 3, commi 2 e 3 del d.lgs. 346, 1990). In mancanza, l’imposta è dovuta con l’aliquota dell’8% maggiorata degli interessi.

Il loro statuto dovrà contenere le norme sulla costituzione, trasformazione ed estinzione e sull’eventuale devoluzione del patrimonio alla cessazione della Fondazione.

La fondazione può essere direttamente operativa e quindi gestire in proprio l’attività oppure può concedere le opere a chi ha una struttura idonea. La creazione di una fondazione ha lo scopo della condivisione del proprio patrimonio anche con la collettività poiché è sempre necessario il perseguimento di uno scopo pubblico e una finalità di interesse generale (ad esempio, anche mettendo il patrimonio a disposizione per effettuare studi, ricerche, per esporlo, per sostenere giovani artisti ecc.).

Un particolare tipo di fondazione è rappresentato dalle fondazioni di famiglia, che sono disciplinate dagli artt. 26 e 28 del Codice civile e consentono di tutelare il patrimonio familiare.

La fondazione di famiglia, al pari del trust e della fondazione, rappresenta un valido alleato per la salvaguardia dei patrimoni artistici familiari costituendo un soggetto giuridico autonomo e distinto rispetto al fondatore e agli eredi. Consente infatti una sistemazione del patrimonio in senso conservativo particolarmente penetrante, caratterizzandosi per la personalità giuridica, la segregazione patrimoniale, potenzialmente perpetua, con vincolo di scopo di pubblica utilità e a causa del controllo da parte dell’autorità amministrativa.

In presenza di fondazioni di famiglia che abbiano congiuntamente:
• una finalità di pubblica utilità (rendere la collezione fruibile al pubblico);
• una finalità di altro genere (il sostegno alla famiglia).

L’esenzione si applica se l’apporto ha a oggetto la collezione del fondatore con lo scopo di renderla fruibile al pubblico attraverso la creazione di un museo privato.

Tuttavia, bisogna tener conto che l’ente, acquistando personalità giuridica, diventa esclusivo proprietario dei beni di cui è stato dotato (tanto è vero che alla morte del fondatore i beni non cadono in successione) e che è sottoposto allo stringente controllo e alla vigilanza dell’autorità amministrativa.

È importante ribadire che la fondazione determina la perdita della titolarità dei beni da parte del disponente/famiglia, ciò in quanto in caso di scioglimento della fondazione, i beni saranno destinati ad altre fondazione o soggetti che compiono attività aventi finalità analoghe. Questo è differente da quanto avviene in caso di strutture societarie, in cui le opere continuano a restare nel patrimonio e disponibilità della famiglia e/o comunque a rimanere in ambito privato.

STRUTTURE IN FORMA SOCIETARIA
Società semplice
È diffusa e sta prendendo corso, anche alla luce della maggiore inefficienza ed onerosità del trust, l’idea di costituire una società semplice alla quale conferire la collezione di opere.

Lo scopo sociale è di ricavare un utile dalla gestione, anche solo mediante la conservazione dei beni, sul presupposto che la loro natura generi un apprezzamento con il passare del tempo. L’utilizzo di tale strumento è legittimo nella misura in cui la presenza dell’elemento organizzativo non sia così spiccata da ingenerare il dubbio che si tratti di attività di impresa occulta.

L’intestazione delle opere d’arte alla società semplice può dipendere:
• dalla scelta fatta dal collezionista al momento degli acquisti (caso non frequente);
• dalla individuazione della società semplice come veicolo di pianificazione del passaggio generazionale (caso più frequente e oggetto dell’analisi).

L’intestazione avviene senza oneri fiscali, si tratta infatti di un mero apporto di capitale in natura oppure di cessione di beni mobili fra privati. Le successive vendite sono realizzi patrimoniali al pari di quelle del collezionista persona fisica.

Nel caso di conferimento, l’operazione avviene a valori concordati tra le parti, tendenzialmente di mercato, ma il corrispettivo è irrilevante ai fini delle imposte dirette e indirette (ad eccezione dell’imposta di registro per 200 euro).

Nel caso, invece, di cessione delle opere alla società, l’operazione configura una compravendita fra privati, che può originare un credito riconducibile a un finanziamento soci oppure un apporto di capitale.

La distribuzione ai soci del ricavato della vendita della collezione (ovvero l’assegnazione ai soci delle singole opere che la compongono) non ha alcuna rilevanza fiscale, in quanto si tratta di rimborso di capitale, composto dal costo originario delle opere e da un «non reddito» corrispondente all’apprezzamento di valore delle opere durante la detenzione da parte della società semplice.

In aggiunta, anche la futura cessione e regolazione delle quote di partecipazione nella società semplice all’interno del nucleo familiare presenta maggiore flessibilità e duttilità anche in termini di mitigazione di oneri indiretti.
La società semplice risulta essere una cassaforte stabile, fatta per conservare la collezione nel tempo e chiudersi dopo averla alienata.

Holding di famiglia
Per holding di famiglia si intende una società (di persone o di capitali) che detiene partecipazioni di controllo in altre società e le cui regole di governance sono stabilite in maniera chiara e precisa dalla famiglia stessa al fine di garantire un’efficiente gestione e una proficua collaborazione tra il gruppo imprenditoriale e i soggetti facenti parte della compagine familiare.

Oggi si sta verificando una forte interrelazione tra arte e impresa che ha spinto molte realtà aziendali a investire parte delle proprie risorse in beni o servizi artistici, con lo scopo di migliorare molti aspetti aziendali. L’investimento in opere d’arte è, infatti, un valido strumento per innalzare l’immagine e incrementare l’engagement con il pubblico, non solo utilizzando l’arte come mezzo di comunicazione e marketing, ma anche come strumento di sensibilizzazione socioculturale a cui l’arte fa riferimento.

La holding di famiglia per la gestione di beni artistici garantisce una maggiore flessibilità nel trasferimento, nella destinazione e nell’utilizzo dei beni e, qualora il patrimonio della holding sia particolarmente diversificato, la gestione del patrimonio d’arte soggiace alle regole di governance impartite in generale e senza alcuna personalizzazione di sorta per il restante patrimonio.

Nella prassi la forma societaria più utilizzata per la costituzione delle holding è sicuramente quella delle società di capitali nonostante la gestione e amministrazione siano sicuramente più gravose rispetto alle società di persone. Con la società di capitali si garantisce una migliore gestione delle partecipazioni detenute, una più efficiente pianificazione fiscale e una netta separazione tra patrimonio della società e dei soci (c.d. autonomia patrimoniale perfetta); d’altro canto, però, la società di capitali non assicura la riservatezza tipica della società di persone, ad esempio circa l’entità del patrimonio, in quanto, come noto, le società di capitali soggiacciono a stringenti forme di pubblicità.

Tuttavia tale struttura ha delle implicazioni e ripercussioni fiscali rilevanti che debbono essere valutate specialmente in termini prospettici e di planning.
Le opere d’arte, nel momento in cui confluiscono in una società commerciale di capitali, sono soggette al regime del reddito d’impresa. Una cessione che determina un capital gain comporta l’emersione di un reddito imponibile assoggettato a una tassazione di circa il 28% a livello di società.

Inoltre, un patrimonio all’attivo di opere d’arte può comportare aggravi a causa dell’applicazione della normativa sulle società di comodo, che prevede una presunzione di redditi imponibili minimi e forfettari. Un aspetto invece positivo è rappresentato dal fatto che la cessione e il trasferimento di tali holding e società di capitali può avvenire in franchigia di imposta, di donazione o di successione, in presenza di determinate condizioni.

Società Benefit
Un’ulteriore possibilità per una società ordinaria, alla quale sono state trasmesse opere d’arte, è quella di divenire «benefit». È innanzitutto necessario provvedere ad alcune modifiche statutarie, in primo luogo in tema di oggetto sociale, che dovrà contenere anche l’indicazione delle finalità di beneficio comune che si intendono perseguire.

In aggiunta, dovranno essere definiti i criteri attraverso cui individuare uno o più soggetti responsabili del perseguimento del beneficio comune a cui affidare funzioni e compiti volti al raggiungimento delle «finalità benefiche» e dovrà essere evidenziato che fra i doveri/poteri degli amministratori vi è quello di bilanciare l’interesse dei soci con il perseguimento di finalità di interesse comune e con gli interessi delle categorie indicate nell’oggetto sociale.

La società sarà inoltre tenuta a redigere annualmente una relazione riguardante il perseguimento del beneficio comune, da allegare al bilancio e pubblicare sul sito internet. L’indicazione di «società benefit» sarà contenuta nella denominazione sociale con evidenti ritorni in termine di immagine e percezione al pubblico.

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