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Coco Chanel, giansenista e filosofica

Luca Scarlini

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A Ca’ Pesaro i rapporti tra la «sarta intellettuale», l’arte e la letteratura: compagna di un poeta, amica di Cocteau, «studiata» da Roland Barthes, non amava certi suoi biografi 

Anna Mouglalis ritratta da Cedric Buchet per ChanelDal 17 settembre all’8 gennaio Ca’ Pesaro, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna del Comune di Venezia, che ospita meraviglie italiane, come anche opere di Klimt e Rodin, dedica i suoi spazi a Coco Chanel, nella veste insolita, ma sempre in realtà molto presente nelle varie ricostruzioni biografiche (tra libri e film) di lettrice accanita, in contatto con i protagonisti della letteratura francese del suo tempo.

La mostra, della serie «Culture Chanel», si intitola infatti «La donna che legge» e ha come immagine-simbolo una bella fotografia firmata da Douglas Kirkland di Madame Coco, nella sua maturità, contornata di volumi dalle rilegature severe nella sua dimora di rue Cambon. Il curatore dell’esposizione, Jean-Louis Froment, apre la sua presentazione con la celebre disamina di Roland Barthes (da Il sistema della moda) in cui la grande mademoiselle è descritta lapidariamente in termini squisitamente barocchi: «elegante come Racine, giansenista come Pascal, filosofica come La Rochefoucauld». Una delle voci del dizionario letterario della moda di Barthes è infatti dedicata a Aubazine, il monastero cistercense che ispirò fin dall’infanzia la passione  della stilista per una magnificenza temperata dal rigore.

Nell’esistenza della creatrice di moda ebbe un ruolo speciale il poeta Pierre Reverdy, a cui fu legata da una relazione d’amore e d’amicizia, ma il legame artistico più rilevante rimane quello con Jean Cocteau. Per lui disegnò i costumi per il balletto «Le train bleu», con immagini di Pablo Picasso e firmò l’abito per Jean Marais in «Oedipus Rex» e molte altre icone del vestire; in cambio lo scrittore le dedicò un commosso cammeo nel suo volume sulle signore più importanti dell’immaginario di Oltralpe: Le regine di Francia. Froment nota, acutamente, come il lettering spartano del famoso profumo n. 5 abbia qualcosa a che vedere con le provocazioni grafiche di Dada.  In evidenza anche Paul Morand, autore di uno dei tentativi biografici della regina della moda (L’allure de Chanel), mentre è messa da parte la brillantissima Louise de Vilmorin, che venne tacciata di aver voluto rivelare particolari spiacevoli nel suo schizzo biografico.

Il percorso, infine, puntualizza la relazione esclusiva di Chanel con Venezia, amatissima per tutta la vita e scoperta nel 1920, nel corso di un viaggio propostole dalla pianista Misia Sert per distrarla dal dolore per la perdita dell’amatissimo compagno Boy Capel, celebre giocatore di polo scomparso nel dicembre 1919 in un incidente automobilistico. Il nesso letteratura-moda è stato importante, capitale, per la capacità di reciproci e spesso insospettati influssi. L’argomento è studiato nelle sue declinazioni francesi, è ancora tutto da esaminare nella vicenda italiana: basti pensare al caso eccezionale di Germana Marucelli, soprannominata nel dopoguerra «la sarta intellettuale», che dettò a Fernanda Pivano la sua movimentata autobiografia, con il titolo evocativo Le favole del ferro da stiro. A questo tema è dedicato il progetto «La biblioteca elegante» all’interno del prossimo Festivaletteratura a Mantova, che si svolge dal 7 all’11 settembre.

Luca Scarlini, 14 settembre 2016 | © Riproduzione riservata

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