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Cinquanta sfumature di nero

Seta, taffetà, merletti, volant o baby doll, tutto nella moda di Cristóbal Balenciaga è un omaggio alla Spagna. E il Musée Bourdelle, intitolato al celebre collaboratore di Rodin, è la sede migliore per la retrospettiva di un sarto-scultore

Negli abiti di Balenciaga il nero più che un colore, o un non-colore, è materia vibrante, via via opaca o trasparente, satinata o lucida, un gioco di luce che si deve tanto alla sontuosità dei tessuti che all’apparente semplicità dei tagli»: Véronique Belloir, responsabile della collezione haute-couture del Palais Galliera-Musée de la mode de la Ville de Paris, è la curatrice della mostra «Balenciaga, l’œuvre au noir», che si tiene dall’8 marzo al 16 luglio al Musée Bourdelle. Il museo, nel quartiere «degli artisti» di Montparnasse, fu la casa e lo studio di Émile-Antoine Bourdelle, lo scultore della nota statua di bronzo, esposta al d’Orsay, dell’«Eracle arciere». Non c’è da sorprendersi se gli abiti dello stilista, una settantina di modelli, sono allestiti qui, tra la grande sala degli studi di gesso e l’atelier dello scultore che fu collaboratore di Rodin.

Per Véronique Belloir alta moda e scultura condividono tanto. Nell’una come nell’altra «l’armonia si gioca nell’equilibrio delle proporzioni, il movimento nella scelta della materia». E quando Cristóbal Balenciaga rifinisce al millimetro i suoi abiti dai volumi atipici, precisandone i contorni, cesellando la minima piega, il singolo volant, un po’ alla volta quegli abiti prendono forma sul manichino come si forgia l’opera d’arte tra le mani dello scultore. Lo stilista spagnolo (nato a Getaria nel 1895), che aveva ereditato la passione della moda dalla madre sarta, si trasferì a Parigi nel 1936 per fuggire dalla guerra civile. Nella capitale della moda, al 10 dell’avenue George V, dove aprì la sua maison, inventò il cappotto cocoon, il vestito baby doll, la gonna a palloncino e reinterpretò il classico abito impero, sempre col pensiero alla tradizione spagnola.

Veniamo al nero. È in questo colore che Balenciaga creò i suoi modelli più originali. Come l’abito da cocktail del 1960 con le spalline annodate alte sulla schiena, ma leggermente decentrate. O il cappello che ricorda la montera, il copricapo del torero, realizzato nel 1967 in gazar, un tessuto rigido inventato per lui per modellare le forme più imprevedibili. Il nero in Balenciaga è una festa di contrasti che si rivela alla luce. Il nero lucido dei nastri di seta e del taffetà, e il nero satinato della lana e del velluto si oppongono negli abiti dai colli importanti degli anni Sessanta. Il nero è seduzione quando gioca sulle trasparenze del merletto. E se mescolato con l’oro è un ritorno all’infanzia perché ricorda la mantilla spagnola.

Luana De Micco, 04 marzo 2017 | © Riproduzione riservata

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Cinquanta sfumature di nero | Luana De Micco

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