Che senso ha il ritorno di Franceschini

Il ministro nega di voler fare una «contro controriforma» ma ha l’obiettivo di completare quanto aveva iniziato

Dario Franceschini e Alberto Bonisoli
Edek Osser |  | Roma

La nomina di Dario Franceschini, di nuovo alla testa del Ministero dei Beni culturali, ha portato due immediate, importanti novità: primo, il Mibac riguadagna la delega al Turismo che era passato al Ministero delle Politiche Agricole (anche se per ora conserva ufficialmente l’acronimo Mibac senza la «t» finale); secondo, Franceschini è subito intervenuto sulla «riorganizzazione» del Ministero, cioè sulla riforma Bonisoli, e ha deciso di sospendere e congelare decreti e provvedimenti firmati dal suo predecessore «in extremis» alla vigilia di Ferragosto, in chiusura del Governo giallo-verde.

Con quei provvedimenti Bonisoli aveva cercato di mettere al sicuro una parte fondamentale della sua riforma: limitano di fatto l’autonomia dei 30 grandi musei abolendo i loro Consigli d’Amministrazione e trasferendo a Roma alcune delle facoltà decisionali dei direttori. Vengono anche declassate, togliendo
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