Cerveteri e Tarquinia importanti come Atene

Vincenzo Bellelli è il nuovo direttore del Parco archeologico laziale dotato di autonomia speciale

Lastra in terracotta decorata ad altorilievo con una coppia di cavalli alati, dal tempio dell’Ara della Regina (prima metà del IV sec. a.C.) Coperchio di sarcofago in terracotta, da Cerveteri con la raffigurazione di un giovane disteso a banchetto (480 a.C. circa)
Giuseppe M. Della Fina |

I miti di fondazione della civiltà etrusca rinviano a Tarquinia: nel suo territorio sarebbe apparso all’improvviso, da una zolla di terra, un fanciullo con la saggezza di un vecchio che rivelò la «disciplina etrusca», ovvero il complesso di norme che regolava la loro civiltà. Cerveteri, invece, è la città-stato etrusca più inserita nelle dinamiche politiche e commerciali del Mediterraneo. Queste informazioni essenziali fanno comprendere da sole la rilevanza del Parco archeologico di Tarquinia e Cerveteri, dotato di autonomia speciale e istituito nel 2021, sotto la guida del neodirettore Vincenzo Bellelli insediatosi il primo marzo scorso.

Direttore, qual è stato il suo percorso di studi?
La mia formazione si è svolta fra Napoli e Roma a cavallo fra gli anni ’80 e ’90. Dopo la laurea in Lettere classiche con indirizzo archeologico all’Università «Federico II» di Napoli nel 1991, mi sono perfezionato in Archeologia conseguendo il diploma con una tesi sull’antica Capua. Infine ho conseguito il Dottorato di ricerca in Archeologia (Etruscologia) alla «Sapienza» di Roma con una tesi su quello che poi sarebbe diventato uno dei miei temi di ricerca preferiti: la ceramica etrusca d’imitazione corinzia. Vorrei ricordare anche la mia esperienza di studio in Francia, per un semestre a Nancy e a Strasburgo, che mi ha arricchito moltissimo.

Chi considera tra i suoi maestri?
La vita delle persone è fatta di incontri e io, da questo punto di vista, sono stato molto fortunato. Nel mio percorso formativo ho incontrato studiosi di grandissima levatura, che mi hanno aiutato a trovare la mia «strada», avviandomi alla ricerca scientifica e trasmettendomi valori che, a mia volta, cerco di trasmettere agli altri. Fra di loro, per l’influenza grandissima che ha avuto su di me, vorrei ricordare soprattutto Mauro Cristofani, il grande etruscologo scomparso prematuramente nel 1997.

Quali incarichi ha ricoperto sinora?
Gran parte della mia carriera si è svolta nell’ambito del Cnr-Consiglio Nazionale delle Ricerche, dove sono stato ricercatore. I primi passi li ho mossi, giovanissimo, presso il glorioso istituto per l’Archeologia etrusco-italica. Poi, dopo varie tappe, sono diventato dirigente di ricerca presso l’Istituto per le Scienze del Patrimonio Culturale. Ho anche insegnato a contratto Etruscologia e Antichità italiche per circa dieci anni, prima nell’Università di Palermo e poi in quella di Napoli «L’Orientale». Ho partecipato all’organizzazione di diverse mostre, la più importante delle quali è stata quella dedicata alla città di Cerveteri, ospitata nella sede di Lens del Louvre (2013-14).

Qual è l’importanza di Cerveteri nel mondo etrusco?
Cerveteri, in una battuta, è stata nel mondo etrusco un po’ come Atene e Corinto lo sono state nel mondo greco: una capitale in tutti i sensi, sul piano storico, economico, politico e culturale. Una metropoli cosmopolita, che ha fatto da interfaccia non solo fra il mondo greco e quello etrusco, ma anche fra l’Etruria e Roma. Inoltre fra i suoi interlocutori privilegiati va annoverata Cartagine. La sua storia secolare si riflette innanzitutto nella ricchezza della necropoli monumentale, che dal 2004 è stata inserita dall’Unesco, insieme alla necropoli di Tarquinia, nella lista del Patrimonio mondiale dell’Umanità.

E quella di Tarquinia?
Tarquinia è una città speciale, con molti primati. Gli antichi la consideravano la capitale religiosa dell’Etruria. Al pari di Cerveteri e di Vulci, fu una città-stato florida e potente che ha segnato la storia del Mediterraneo centrale. Al contrario di Cerveteri, Tarquinia è stata una grande nemica di Roma. Tarquinia è universalmente nota per le sue pitture tombali, un patrimonio preziosissimo di immagini che ci consentono di attingere alla «visione del mondo» degli Etruschi.

Quali progetti intende realizzare?
C’è tanto lavoro da fare. Il Parco è una sfida su cui il Ministero della Cultura ha fatto una scommessa importante, confermando la struttura organizzativa complessa che l’Unesco, con il riconoscimento del 2004, aveva avviato. Una parte importante delle mie energie sarà dedicata ad ammodernare le due aree archeologiche e i due musei (il Museo Archeologico Nazionale Cerite e il Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia, Ndr) di cui mi è stata affidata la gestione,
con lo scopo di renderli più sicuri, più accoglienti e più attraenti. Cercherò di farlo creando un modello organizzativo basato sulla cooperazione e sulla condivisione. L’obiettivo è creare un «sistema» parco competitivo, con la speranza che anche le due amministrazioni comunali, il tessuto economico e il terzo settore vorranno credere e investire nel progetto. Di questa progettualità faranno parte anche le Università e gli enti di ricerca italiani e stranieri che già operano sul territorio o che intendano impegnarsi per un progetto interdisciplinare. Come un «buon padre di famiglia» spero di valorizzare i due siti con il giusto equilibrio, promuovendo iniziative che facciano conoscere la bellezza e l’importanza di questi luoghi.

© Riproduzione riservata Vincenzo Belelli
Altri articoli di Giuseppe M. Della Fina