Arte povera a Johannesburg

Opere iconiche di tredici importanti artisti raccontano la storia di questo movimento attraverso le sue mostre

Una veduta della mostra «Arte Povera 1967-1971» al  Wits Art Museum di Johannesburg
Veronica Rodenigo |

Rimane aperta fino al 9 dicembre, presso il Wits Art Museum di Johannesburg, la mostra«Arte Povera 1967-1971», promossa dal Consolato Generale d’Italia a Johannesburg per la curatela di Ilaria Bernardi. Si tratta della prima proposta espositiva dedicata a questo tema nel Continente africano. A fare da protagonisti sono i lavori di 13 esponenti canonici della corrente: Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Gilberto Zorio.

«Dedicare una mostra all’Arte povera in Sudafrica, spiega la giovane curatrice che di Celant raccoglie il testimone, significa da un lato rendere omaggio alla ricerca artistica italiana del secondo Novecento ancora oggi più conosciuta nel mondo; dall’altro permette di ribadirne la vocazione internazionale presentandola per la prima volta in un continente, quello africano, che fino a oggi non aveva mai ospitato una sua esposizione. Infine, realizzare la prima mostra internazionale sull’Arte povera dopo la scomparsa del suo teorizzatore Germano Celant, avvenuta nel 2020, significa rendergli un implicito omaggio. Per questa ragione, oltre che per svincolarsi dal format tradizionale di un’ampia retrospettiva sulle ricerche degli artisti dell’Arte povera dagli anni Sessanta fino a oggi, la mostra a Johannesburg sceglie di concentrarsi sul periodo che va dal 1967 al 1971: il 1967 è l’anno in cui Celant conia la definizione di Arte povera; mentre il 1971 è l’anno in cui egli postula che l’Arte povera deve dissolversi affinché ogni artista possa assumere la sua singolarità. La mostra a Johannesburg desidera pertanto approfondire analiticamente e filologicamente la prima fase dell’Arte povera e di coglierne i comuni denominatori che hanno portato Celant a definirla tale».

Tra i lavori esposti: «Direzione» (1967) di Giovanni Anselmo; «Senza titolo (porte)» (1966) di Alighiero Boetti; «Piombo rosa» (1968-2018) di Pier Paolo Calzolari; «Pavimento (Tautologia)» (1967) di Luciano Fabro; «Senza titolo» (1968) di Jannis Kounellis; «Sitin» (1968) di Mario Merz; «Scarpette» (1968) di Marisa Merz; «Averroè» (1967) di Giulo Paolini; «Scoglio» (1966) di Pino Pascali; «Svolgere la propria pelle» (1970-71) di Giuseppe Penone; «Orchestra di stracci -Quartetto» (1968) di Michelangelo Pistoletto; «Identico alieno» (1967-68) di Emilio Prini; «Odio» (1969) di Gilberto Zorio.

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