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Michela Moro
Leggi i suoi articoliÈ uno degli spazi espositivi più centrali e più antichi della città ancora da scoprire. La Fondazione Carriero è stata inaugurata lo scorso 16 settembre, in un luogo che tutti i milanesi conoscono almeno dall’esterno: Casa Parravicini, uno dei pochi edifici privati di Milano risalenti al 1400, residenza gotica in mattoni di cotto, appoggiata allo stile rococò di Palazzo Visconti di Modrone, alle spalle di piazza San Babila. Giorgio Carriero, imprenditore e collezionista che l’ha voluta, ha l’attitudine non profit del mecenate. La Fondazione non include nomi di brand, non promuove né vende nulla, non mostra le collezioni del fondatore, ma si propone come polo di produzione artistica e culturale, con ingresso gratuito, un luogo d’incontro e di riflessione sull’arte contemporanea. La seconda mostra della Fondazione è dedicata a Lucio Fontana (1899-1968) e Leoncillo (1915-1968) ed è curata da Francesco Stocchi, cui abbiamo rivolto alcune domande.
Perché avete scelto di accostare Fontana e Leoncillo?
Bisogna attivare la storia, rileggerla. Le ricostruzioni storiche hanno valore se nascono da indagini contemporanee, l’arte è liquida, bisogna guardare il passato con gli occhi di oggi. Gli spazi della Fondazione sono inconsueti, tra pubblico e privato, e anche questo contribuisce a nuove prospettive.
In che cosa consiste la lettura inconsueta dei due autori?
Hanno un percorso parallelo e interessi simili, ad esempio parteciparono entrambi alla XXVII Biennale di Venezia nel 1954, fu un momento importante delle reciproche carriere e ricerche, ma associandoli risalta soprattutto quanto profonda sia stata la loro tensione per fare emergere la forma insita nella materia, mentre tutti gli artisti creano una forma con la materia.
Quale dinamica si è creata tra Fontana e Leoncillo?
Il rapporto è bilaterale, grazie a Leoncillo si capisce ad esempio che cosa ha portato al taglio di Fontana: il percorso non è stato un gesto emotivo ma il risultato di più di vent’anni di ricerca ed è anche un’idea fortemente legata alla materia.
Perché il mercato deve ancora riscoprire Leoncillo?
È un artista intenso, individuale, le sue opere non si prestano a spiegazioni didascaliche e non c’è narrazione opera per opera. Non è facile perché non trasmette quiete, inoltre ha prodotto poco contro un Fontana entusiasta dell’azione.
Entrambi utilizzano la ceramica, in che modo?
Prima di loro la ceramica era considerata un’arte minore, loro la nobilitano operando nella scultura. Si vede nella mostra: le opere bidimensionali di Fontana sono quadri scultorei, mentre Leoncillo esprime una sensibilità pittorica nelle sue sculture.
Che cosa hanno in comune?
Danzano entrambi nella linea tra astratto e figurativo, sorpassando il limite della categoria e delle discipline.
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