Image

Arte e business: la precoce intuizione di Jacorossi

Si inaugura nel centro della città Musia, dedicato all’intero Novecento italiano. Anticipa gli spazi dei Cerasi e di Alda Fendi, che si apriranno in autunno

Federico Castelli Gattinara

Leggi i suoi articoli

Era un sogno coltivato da vent’anni quello di Ovidio Jacorossi di creare a Roma uno spazio «living (&) arts», nel suo quartiere, «ma con una visione europea», alla base di quello stesso palazzo in pieno centro storico dove è nato oltre 83 anni fa e dove ancora abita, in via dei Chiavari, tra Torre Argentina e Campo de’ Fiori. Il 29 ottobre nascerà Musia, in anticipo sugli altri grandi imprenditori romani che stanno lavorando a due spazi d’arte che dovrebbero aprire in autunno: la Fondazione Elena e Claudio Cerasi nel bel palazzo primi Novecento in via Merulana, con la loro importante collezione di Scuola Romana, e Alda Fendi con la sua Fondazione al Velabro, di fronte all’Arco di Giano. Musia offrirà all’arte contemporanea circa mille metri quadrati incuneati su tre livelli tra i resti (invisibili) del teatro di Pompeo, mura medievali e il palazzo di primo Cinquecento forse di mano di Baldassarre Peruzzi, come indicherebbe l’elegante cortile, che Virginio Vespignani completò nel 1880 aggiungendovi un terzo e quarto piano.

Jacorossi ha segnato la storia del rapporto tra arte contemporanea e impresa. La vicenda della sua famiglia originaria di Leonessa, nel profondo reatino, risale al nonno che negli anni Venti del Novecento si trasferì a Roma dove aprì, proprio in via dei Chiavari, una rivendita di carbone. Furono poi Ovidio e i suoi due fratelli a rendere l’impresa un vero e proprio colosso in campo energetico ma non solo, con un fatturato a fine anni Ottanta di 5mila miliardi di lire e migliaia di dipendenti. Con la dismissione di gran parte delle aziende del gruppo, la collezione d’arte lanciata negli anni Settanta è rimasta a Ovidio, ideatore del progetto Musia e, insieme all’architetto Carlo Iacoponi, della ristrutturazione (oltre 1,5 milioni di euro, allestimento escluso) degli spazi. Alla passione da collezionista Jacorossi ha affiancato fin dagli anni Ottanta la precoce intuizione che promuovere l’arte contemporanea, i suoi linguaggi e la sua creatività, funzioni da stimolo all’impresa stessa, in una concomitanza virtuosa di valori, obiettivi, capacità innovative. Arte e business si sono legati insieme in modo sempre più stretto, segnato da alcuni interventi storici legati al consumo culturale e ai servizi, a Palazzo delle Esposizioni a Roma nel 1990, a Palazzo Ducale a Genova due anni dopo, della cui realizzazione tenne conto l’allora nascente legge Ronchey. 

La Collezione Jacorossi ci racconta l’intero Novecento italiano, e ancora oggi prosegue con acquisizioni mirate. Parte dal Simbolismo e dal Divisionismo di fine Ottocento, passa per il Futurismo con, tra l’altro, un Autoritratto di Giacomo Balla che è tra i pezzi migliori della raccolta, prosegue con Metafisica, Surrealismo, Ritorno all’ordine, Scuola romana, Forma 1, Scuola di piazza del Popolo, Arte povera, Fluxus e così via. Alla Biennale di Venezia del 1984 curata da Maurizio Calvesi, per esempio, Jacorossi comprò in blocco 60 lavori di Anacronisti, «perché questi attraverso la figura hanno espresso arte concettuale». Oggi la raccolta conta circa 2.500 opere, comprate con una doppia logica: economico-speculativa da un lato, culturale dall’altro.

Musia vuol essere uno spazio aperto e polifunzionale, un’associazione senza scopi di lucro, con un sistema a tessere, con la Collezione Jacorossi e gli spazi espositivi in comodato gratuito. Avrà due gallerie dedicate a percorsi nelle opere della raccolta, una con quelle stabili e l’altra con quelle in vendita, una vetrina e una serie di ambienti ipogei dedicate a opere site specific, una «Cucina» per cibo e caffè, un «Wine bar» e una terrazza interna. 

Aprirà con una doppia mostra che racconterà il Novecento italiano, con Roma come epicentro, un curatore interno e uno esterno che verrà chiamato di volta in volta.

Federico Castelli Gattinara, 05 settembre 2017 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

Tra Foro Romano e Palatino sono stati ritrovati i resti di una lussuosa dimora con una sala per banchetti a forma di grotta e uno straordinario mosaico impreziosito con conchiglie, vetri e tessere blu egizio

Si inizia con l’enigmatico scultore ateniese. Altre due monografiche saranno dedicate a Prassitele e a Skopas

Stéphane Verger nel chiostro di Michelangelo ha fatto eseguire interventi su sette teste di animali antiche (quattro di età adrianea e tre rinascimentali) e ne ha commissionata un’ottava a Elisabetta Benassi

Lo scavo condotto dalla Soprintendenza speciale di Roma ha riportato alla luce strutture in laterizio e un sontuoso apparato decorativo riconducibili a una committenza di altissimo rango, quasi sicuramente imperiale

Arte e business: la precoce intuizione di Jacorossi | Federico Castelli Gattinara

Arte e business: la precoce intuizione di Jacorossi | Federico Castelli Gattinara