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Ansia e psicosi

Federico Florian

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Al MoMA gli incubi Usa di Bruce Conner

«It’s All True» («Tutto vero»), è il titolo di una retrospettiva che il MoMA dedica a Bruce Conner (1933-2008), dal 3 luglio al 2 ottobre. Prima monografica newyorkese dell’artista americano (nato in Kansas ma trasferitosi a San Francisco nel 1957), la mostra, organizzata in collaborazione con il SFMoMA (che la ospiterà il prossimo autunno, dal 29 ottobre; la terza tappa sarà al Reina Sofía di Madrid nel 2017), raccoglie oltre 250 lavori, tra video, film, dipinti, disegni, stampe, performance, fotogrammi e fotografie. Multimediale e sperimentale è l’approccio del prolifico Conner: le sue sono opere ibride, non categorizzabili entro i confini di uno specifico medium; opere che scaturiscono da un certo istinto aggregativo, dimostrato dall’uso frequente delle tecniche del collage e dell’assemblage. Un’arte, quella di Conner, specchio dei timori e delle speranze della società americana del dopoguerra: i temi della cultura consumistica e dell’apocalisse nucleare pervadono tutti i suoi lavori.

I suoi film d’avanguardia, come «Cosmic Ray» (1961) e «Breakaway» (1966), incorporano materiale tratto da cinegiornali e training film, montato insieme a filmati in 16 mm e colonne sonore di musica pop. La mostra al MoMA, a cura di Stuart Comer, Laura Hoptman, Rudolf Frieling, Gary Garrels e Rachel Federman, segue un’organizzazione sia tematica sia cronologica, nel tentativo di illustrare al meglio la natura eclettica e poliedrica dell’arte di Conner. Esposte anche opere rare, tra cui alcuni dipinti degli anni Cinquanta, le fotografie di gruppi punk degli anni Settanta, un gruppo di arazzi e le serie di multipli. Non mancano i lavori realizzati nell’ultimo decennio della sua vita: in primis la videoinstallazione multicanale «Three Screen Ray» (2006), esposta qui a New York per la prima volta.

Federico Florian, 19 luglio 2016 | © Riproduzione riservata

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