«Hector, Nero and Dash with the Parrot Lory» (1838) di Edwin Landseer proveniente dalla Collezione Reale di Sua Maestà re Carlo III, 2022. © Royal Collection Trust, His Majesty King Charles III, 2022 - The Trustees of the Wallace Collection

Image

«Hector, Nero and Dash with the Parrot Lory» (1838) di Edwin Landseer proveniente dalla Collezione Reale di Sua Maestà re Carlo III, 2022. © Royal Collection Trust, His Majesty King Charles III, 2022 - The Trustees of the Wallace Collection

Alla Wallace Collection i ritratti dei cani degli inglesi

Una mostra che il curatore, Xavier Bray, sognava di allestire da vent’anni, e che è stata ulteriormente rimandata a causa della pandemia da Covid

Il 29 marzo si è aperta alla Wallace Collection la mostra «Ritratti di cani: da Gainsborough a Hockney» che chiuderà il 15 ottobre. Si tratta di una celebrazione irresistibile e davvero unica della passione sfrenata dei britannici per i loro cani. Nel discorso introduttivo alla vernice della mostra, il direttore del museo, Xavier Bray, ci ha spiegato, non senza un tocco di humour, che la morte di sua moglie sarebbe una grande tristezza nella sua vita, ma mai quanto la possibile perdita dei loro due carlini, Bluebell (Campanula, soprannominata Lady Wallace) e Winston (Churchill ne possedeva anche lui due), che nella prefazione al catalogo figurano al primo posto nei ringraziamenti.

Come altri eventi programmati per il periodo pre e post pandemia, la mostra ha dovuto attendere parecchio: al momento della pubblicazione del catalogo nel 2021 (Faithful and Fearless: Portraits of Dogs, 160 pp., ill. col., Giles, Londra), se ne anticipava la presentazione da settembre 2022 a gennaio 2023. In verità Bray è stato obbligato a pazientare molto di più, perché lui e sua moglie, Minna Moore Ede, sognavano di organizzare una mostra su questo tema da circa vent’anni, quando lavoravano insieme alla National Gallery, ma all’epoca un tale progetto sarebbe stato considerato troppo frivolo per le imponenti sale della National.

Il punto di partenza della mostra è il fascino di un dipinto adorabile nella collezione dell’Ashmolean Museum di Oxford, con la visione di un cane di strada, di razza incerta, sdraiato su una sporgenza, che ci guarda in faccia e tira fuori la lingua. Vari nomi sono stati proposti per il suo autore, ma fino ad ora non vi è accordo tra i meglio informati storici dell’arte sulla sua attribuzione, datazione e provenienza. Con ogni probabilità si tratta di un’opera italiana, o spagnola, databile al Seicento: di norma l’identificazione della mano responsabile per un piccolo capolavoro di questo tipo cambia la nostra prospettiva sul quadro, ma in questo caso il suo creatore resta anonimo.

La scelta della cinquantina di opere in mostra è stata determinata da due criteri semplicissimi. Il primo, limitare la selezione a pezzi provenienti da collezioni britanniche, decisione eroicamente ecologica con il vantaggio di risparmiare risorse per il trasporto. Il secondo criterio, invece, è stato dettato dal resistere alla tentazione di ammettere opere con l’aggiunta di esseri umani alla popolazione canina.

Le illustrazioni dei saggi del catalogo (tra cui uno scritto da un veterinario) sono una sorta di «Salon des refusés» che ci mostrano i sacrifici conseguenti a questa decisione, forse soprattutto per quanto riguarda i dipinti alla Wallace Collection stessa. Un esempio tra tanti, i due stupendi ritratti a figura intera dei coniugi Philippe le Roy e Marie de Raet di Anton van Dyck del 1630, accompagnati da cani che, quasi in forma di parodia, sottolineano le differenze tra maschio e femmina com’erano concepite all’epoca. L’opera più antica presente in mostra è un gruppo in marmo, databile al I o II secolo d.C., scoperto a Roma nel 1774 dal pittore scozzese neoclassico Gavin Hamilton in uno scavo che, per ovvi motivi, si chiamava Monte Cagnolo. Rischia di eclissare tutte le altre opere, benché siano accompagnate nella prima sezione della mostra da uno squisito disegno di zampe di Leonardo da Vinci proveniente da Edimburgo.

Comunque, la gran parte delle opere è notevolmente più moderna, spesso creata da artisti che si possono chiamare veri specialisti della ritrattistica di cani. Perlopiù sono britannici, ma ci sono stupende eccezioni, come il cane Brizodi Rosa Bonheur (1822-99) della Wallace e dal Bowes Museum a Barnard Castle il cane Havana di Jean-Jacques Bachelier (1724-1806), quadro incantevole di un pittore che non mi vergogno di aver conosciuto solo ora.

Il primo di questi specialisti è George Stubbs (1724-1806): quattro delle cinque sue tele presenti in mostra sono state realizzate su richiesta di aristocratici, come il conte di Yarborough (ben 2), il duca di Rutland e Lady Archer, desiderosi di immortalare i loro cani preferiti. L’ultimo ritratto invece riguarda un cane appartenente a un suo collega pittore, Richard Cosway, mentre caccia una farfalla. Per quanto riguarda Tristram e Fox, i due cani di Thomas Gainsborough (1727-88), invece, è il pittore stesso a ritrarli. Il secondo specialista è Sir Edwin Landseer (1802-73), l’artista più amato dalla regina Vittoria e non deve sorprendere quindi se ci sono svariati ritratti di cani concessi in prestito dalle Collezioni Reali grazie alla generosità del nuovo re Carlo III.

Il più grandioso (120,3x150,3 cm) riunisce insieme tre cani, Hector, Nero e Dash, con un variopinto pappagallo, Lory. Quando la regina Vittoria lo vide alla Royal Academy nel 1838, dichiarò che era «la più bella cosa che si potesse immaginare». Inaspettatamente impressionanti sono anche alcuni disegni eseguiti dalla regina Vittoria e da suo marito, il principe Albert.

Arrivando al presente, o quasi, troviamo un ritratto di Pluto (1988), il piccolo levriero inglese di Lucian Freud, e non meno di sei ritratti di Stanley e Boodgie (1995), i due bassotti di David Hockney. Oggi la tragedia della chiusura della mostra in ottobre sembra lontanissima, ma arriverà troppo presto e dobbiamo quindi sperare che Xavier Bray stia già progettando un bis dedicato all’altro grande amore britannico nel regno degli animali, i cavalli, dandoci un bel giorno una degna raccolta di ritratti, forse in quel caso, almeno una volta, in compagnia dei loro cavalieri.

«Hector, Nero and Dash with the Parrot Lory» (1838) di Edwin Landseer proveniente dalla Collezione Reale di Sua Maestà re Carlo III, 2022. © Royal Collection Trust, His Majesty King Charles III, 2022 - The Trustees of the Wallace Collection

David Ekserdjian, 30 maggio 2023 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

David Ekserdjian ci racconta come nel museo londinese si guardi al passato con una spasmodica attenzione per l’inclusione contemporanea

Anche i musei nei sobborghi della capitale inglese meritano un occhio di riguardo: ci accompagna lo storico dell’arte David Ekserdjian

Non è facile spiegare come ci sia riuscito, ma in qualche modo il maestro tedesco sembra sempre capace di superarsi. Lo storico dell’arte David Ekserdjian ha visitato la mostra a lui dedicata e ospitata dalla Queen’s Gallery di Londra

I ritratti sorridenti del pittore olandese in mostra alla National Gallery sembrano irridere alle modifiche politicamente corrette dei titoli

Alla Wallace Collection i ritratti dei cani degli inglesi | David Ekserdjian

Alla Wallace Collection i ritratti dei cani degli inglesi | David Ekserdjian