Per ricordare i 60 anni dalla nascita di Keith Haring, l’Albertina propone la grande retrospettiva «The Alphabet», aperta fino al 24 giugno. Il centinaio di opere esposte si concentra sul linguaggio simbolico che percorre, come un filo rosso, tutta l’opera dell’artista statunitense nato a Reading, in Pennsylvania, nel 1958 e stroncato dall’Aids, a New York, a soli 32 anni.
Le opere di Haring sono popolate di personaggi stilizzati, omini bidimensionali senza volto, cani e angeli, ballerini scatenati, iconograficamente riconoscibili tra tutti, e il tutto su sfondo di colori vivaci. Fu disegnatore, scultore, pittore ed ebbe un approccio «politico» dell’arte. I suoi «subway drawings», realizzati nelle metropolitane del mondo, veicolano messaggi di giustizia sociale e sono opere contro ogni forma di pregiudizio.
Lo street artist usava la strada, i muri e gli spazi pubblici per denunciare razzismo e violenze, per lottare contro l’apartheid in Sudafrica e l’omofobia, contro il nucleare e in difesa dell’ambiente. Si impegnò molto anche negli ospedali. E del resto la sua opera di maggiori dimensioni è una «torre» di 27 metri che integra l’ospedale pediatrico Necker, a Parigi, e che dipinse in soli tre giorni in cima a una gru nell’aprile del 1987.
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