«Marxist Girl, Irene Peslikis» (1972), di Alice Neel (particolare). Daryl and Steven Roth. © The Estate of Alice Neel. Cortesia The Estate of Alice Neel, David Zwirner e Victoria Miro

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«Marxist Girl, Irene Peslikis» (1972), di Alice Neel (particolare). Daryl and Steven Roth. © The Estate of Alice Neel. Cortesia The Estate of Alice Neel, David Zwirner e Victoria Miro

Al Pompidou lo sguardo impegnato di Alice Neel

Alla luce dei movimenti MeToo e Lgbt la sua opera, spesso paragonata alla Commedia umana di Balzac, è estremamente attuale

Dopo la grande retrospettiva del Metropolitan Museum of Art di New York della primavera del 2021, allestita poi al Guggenheim di Bilbao, ora è il Centre Pompidou che dedica una mostra importante ad Alice Neel, pittrice statunitense controcorrente, donna libera, icona del femminismo.

Dal 5 ottobre al 16 gennaio, il Musée national d’art moderne, che si è lanciato nella riscoperta del lavoro delle artiste donne (di recente Shirley Jaffe e Georgia O’Keeffe), propone dunque «Alice Neel. Un regard engagé» (in un primo tempo programmata nel 2020, poi rinviata a causa della pandemia).

La curatrice Angela Lampe ha dato un taglio radicale alla mostra, che intende «mettere in luce l’impegno politico e sociale dell’artista, spinto dalla sua adesione al partito comunista e alla causa femminista. Il progetto è diviso in due parti, ha spiegato, liberamente concepite intorno a due tematiche in risonanza con il mondo di oggi: la lotta tra classi e la lotta tra sessi».

Alice Neel (Pennsylvania, 1900-New York, 1984) ha dipinto gli emarginati per il colore della pelle, l’orientamento sessuale o le origini, sui quali ha posato il suo sguardo acuto ed empatico, dalla gente di Cuba, dove arrivò nel 1926 e iniziò la sua carriera, ai vicini di casa dello Spanish Harlem, quartiere popolare di New York dove visse con la famiglia fino al 1962.

«In politica, così come nella vita, ho sempre amato i perdenti, gli outsider. L’odore del successo, non l’ho mai amato», diceva. Sul piano stilistico, mentre l’arte prendeva la via dell’Espressionismo astratto, del Minimal e della Pop, Neel restò fedele alla figurazione. Dipinse attivisti politici, artisti queer, membri della sua famiglia e celebrità. Dipinse molto le donne, senza sentimentalismi, madri povere, donne incinte o che allattano, donne discriminate e vittime di violenze domestiche, diventando una figura pioniera del femminismo militante.

I suoi nudi femminili sono lontani dai canoni tradizionali, i corpi delle donne diventano ordinari, non sono oggetto di desiderio, come in «Margaret Evans Pregnant» del 1978. «Caratterizzati da uno sguardo empatico, i suoi ritratti colpiscono per la loro grande intensità. L’atto di dipingere, in Alice Neel, si trasforma in una ricerca della verità, quindi, in un atto politico», aggiunge Angela Lampe.

Alla luce dei movimenti #MeToo e Lgbt la sua opera, spesso paragonata alla Commedia umana di Balzac, è estremamente attuale. La mostra sarà allestita al Barbican Centre di Londra dal 16 febbraio al 21 maggio 2023.

«Marxist Girl, Irene Peslikis» (1972), di Alice Neel (particolare). Daryl and Steven Roth. © The Estate of Alice Neel. Cortesia The Estate of Alice Neel, David Zwirner e Victoria Miro

Luana De Micco, 04 ottobre 2022 | © Riproduzione riservata

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