A Palazzo Reale il mondo femminile visto da Tiziano

«Nella cultura cosmopolita della Venezia del Cinquecento», spiega la curatrice della mostra Sylvia Ferino, «la donna aveva un ruolo sociale molto forte. E poteva disporre della propria dote»

Tiziano, «Ritratto di Eleonora Gonzaga della Rovere», 1537 ca. Firenze, Galleria degli Uffizi Jacopo Tintoretto, «Susanna e i vecchioni», 1555-1556 ca. Vienna, Kunsthistorisches Museum Tiziano, «Venere e Marte», 1550 ca. Vienna, Kunsthistorisches Museum
Ada Masoero |  | Milano

Forse in nessun’altra epoca del passato la donna fu al centro dell’arte, pittorica e poetica, come nella Venezia del Cinquecento. È stata questa considerazione a suggerire a Sylvia Ferino una mostra che, dopo i libri dedicati a questo tema, riunisse per la prima volta un gran numero di dipinti in cui Tiziano e altri maestri a lui contemporanei rendevano un convinto tributo alla figura femminile.

Dopo la tappa inaugurale al Kunsthistorisches Museum di Vienna, da cui provengono molte opere (la curatrice è stata lungamente direttrice della sua Pinacoteca), Palazzo Reale presenta dal 23 febbraio al 5 giugno «Tiziano e l’immagine della donna nel Cinquecento veneziano», prodotta con Milano-Cultura e Skira (suo anche il libro che l’accompagna) insieme al museo viennese, in partnership con Fondazione Bracco.

Ma perché proprio a Venezia pittori del calibro di Tiziano, Giorgione, Palma il Vecchio, Lorenzo Lotto, Veronese e altri, e letterati come Pietro Aretino, Pietro Bembo, Giovanni Della Casa, Baldassarre Castiglione, vollero rendere omaggio con tanta insistenza alla donna, in un’epoca in cui, altrove, il suo ruolo era meramente «esornativo»?

«Perché Venezia, spiega Sylvia Ferino a “Il Giornale dell’Arte”, con la sua cultura cosmopolita era, e non solo riguardo alle donne, un luogo assai più illuminato. Aveva una cultura internazionale, si parlavano molte lingue, si praticavano religioni diverse: c’era più rispetto per l’aspetto umano. E sebbene gli strati sociali fossero ben distinti, tuttavia la forma urbis stessa consentiva a donne dei ceti più diversi di curare fianco a fianco, nelle parrocchie, i poveri e i malati. Se la donna veneziana non aveva un ruolo pubblico, aveva però un ruolo sociale molto forte. E, fatto rarissimo a quel tempo, poteva disporre della propria dote. Tutte realtà sinora trascurate, ma molto significative».

Tuttavia le protagoniste dei dipinti (sante o eroine, mogli o madri, dee pagane o figure mitologiche che fossero), tutte bellissime, generosamente scollate, elegantissime, ingioiellate, potrebbero far storcere il naso ai cultori del politically correct: «Sarebbe sbagliato, ribatte Sylvia Ferino: è vero, queste donne sono viste con gli occhi dell’uomo, ma per Tiziano la donna rappresenta la parte migliore della creazione divina e tale celebrazione, condivisa anche dagli altri maestri e dai poeti, generò nelle donne una grande autostima, tanto da porre le basi per la “querelle des femmes”, il movimento veneziano di fine Cinquecento in cui l’autorità maschile era messa fortemente in discussione».

Oltre ai dipinti (46, di cui 15 di Tiziano), il mondo femminile della Venezia cinquecentesca è illustrato, in questa mostra colma di capolavori, da sculture, gioielli, esempi di arti decorative e una creazione del 1996 di Roberto Capucci in omaggio a Isabella d’Este.

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