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Pompeo Batoni (Lucca, 1708- Roma, 1787) con la coppia di dipinti «Prometeo modella l’uomo con l’argilla» e «Atalanta piange Meleagro», realizzati per il marchese Sardini di Lucca; Lorenzo di Credi (Firenze, 1459-1537), compagno di Leonardo nella bottega di Verrocchio, con il tondo dell’«Adorazione del Bambino» (uno dei suoi più belli e preziosi); Bartolomeo Vivarini (Venezia, 1430 ca-dopo il 1491) con tre scomparti appartenuti al «Polittico dei Tagliapietra», conservato per le parti restanti nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, e Giorgio Gandini del Grano (Parma, 1490-1538), allievo e successore di Correggio nel gran cantiere del Duomo, quando il maestro morì, con la rarissima tavola dell’«Allegoria della città di Parma presentata alla Vergine»: diverse per provenienza geografica e tema, e scalate tra il ’400 e il ’700, le opere riunite dal 21 ottobre al 5 novembre da Carlo Orsi nella sua galleria sono accomunate dalle importanti vicende collezionistiche di cui sono state protagoniste.
Tanto che la mostra si propone proprio come una riflessione sulle ragioni che spingono un collezionista a diventare tale, inducendolo a «inseguire» capolavori. Ecco spiegato il titolo «A caccia di farfalle» (sottotitolo: «Lo spirito del collezionista»), tema anche del testo in catalogo di Gian Enzo Sperone, uno dei massimi galleristi (e collezionisti) del nostro tempo, il cui gusto lo porta a raccogliere opere che dalle tempere su fondo oro giungono all’oggi. Sempre in cerca del bello, del raro, del prezioso. Come un collezionista di farfalle.

Pompeo Girolamo Batoni, «Prometeo modella l'uomo con l'argilla» (particolare)
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