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La retrospettiva «Irving Penn» arriva al Grand Palais il 21 settembre (fino al 29 gennaio) dal Metropolitan Museum of Art di New York, dove si è chiusa il 30 luglio scorso
- Luana De Micco
- 18 settembre 2017
- 00’minuti di lettura


Tutto Penn in 242 scatti
La retrospettiva «Irving Penn» arriva al Grand Palais il 21 settembre (fino al 29 gennaio) dal Metropolitan Museum of Art di New York, dove si è chiusa il 30 luglio scorso
- Luana De Micco
- 18 settembre 2017
- 00’minuti di lettura
Luana De Micco
Leggi i suoi articoliUna mostra attesissima poiché è la prima così importante che la Francia dedica al grande maestro della fotografia dalla sua morte, avvenuta nel 2009, e a 100 anni esatti dalla sua nascita.
Irving Penn nacque il 16 giugno 1917 a Plainfield, nel New Jersey. Nel 1937 iniziò a lavorare come assistente del fotografo Alexey Brodovitch per la rivista «Harper’s Baazar». Poi nel 1943 arrivò a «Vogue» e vi rimase fino alla morte. Per «Vogue» realizzò più di 160 copertine, un autentico record. Resa possibile da una donazione al Met della Irving Penn Foundation, la mostra contiene tutto Penn in 242 scatti.
Sono allestite anche tre macchine fotografiche e il tendone grigio marmo che Penn utilizzò migliaia di volte come sfondo lungo tutta la sua carriera. La rassegna si apre con le foto on the road di Filadelfia e New York e delle città europee devastate dalla seconda guerra mondiale. Il lavoro di Penn passò dalla strada allo studio nel 1947, quando Alexander Liberman, storico art director di «Vogue», gli chiese di ritrarre le star. Immortalò Marlene Dietrich in versione femme fatale, il giovane Truman Capote rincantucciato in un angolo e un eccentrico Salvador Dalí seduto con le mani sulle ginocchia.
Una sezione è dedicata alle foto di moda, molte delle quali hanno per protagonista Lisa Fonssagrives, incantevole ex ballerina svedese, modella, musa e poi anche moglie di Penn. Lisa «figura in molte foto tra le più belle dell’alta moda parigina. Tutte, scrive la curatrice Maria Morris Hambourg, direttrice del dipartimento della Fotografia al Met, possiedono un’eleganza e una verve falsamente naturali, come se non fossero state il frutto di infiniti dolori e di una pazienza senza limiti».
La serie delle 12 top model più fotografate fu pubblicata su «Vogue» il primo maggio 1947. Penn viaggiò anche molto e dai suoi viaggi riportò scatti leggendari, come quello dei due bimbi indios che si tengono per mano, realizzato durante il viaggio a Cuzco, in Perù, nel dicembre 1948. Inviato a Parigi nel 1950, in un piccolo studio della rue de Vaugirard dove non c’era l’elettricità ma una bella luce naturale, Penn, assistito da Robert Doisneau, lavorò sulla serie «Small Trades», con i ritratti in abiti da lavoro di spazzacamini e ambulanti.
Degli anni Cinquanta sono anche i nudi, «che si avvicinano più ai torsi di Rubens che ai nudi freddi di Edward Weston», scrive ancora la curatrice. Censurati all’epoca, furono esposti solo negli anni Ottanta. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta realizzò alcuni dei suoi più celebri ritratti, come quelli di Jean Cocteau, Rudolf Nureyev, Francis Bacon o ancora di Pablo Picasso con l’occhio in primo piano. La mostra non dimentica le nature morte e gli assemblaggi degli ultimi anni, in particolare la serie del 1972 con i mozziconi di sigaretta raccolti per strada. «Una sigaretta schiacciata per terra, diceva Penn, rivela il carattere di una persona, ci dice che è nervosa. La scelta della sigaretta ne indica invece il gusto».