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Fiabe di pietra

Luana De Micco

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Marc Chagall si dedicò alla scultura a sessant’anni suonati, dopo essersi trasferito a Vence, nel sud della Francia, nel 1949. Nel laboratorio Madoura di Vallauris cominciò a modellare ceramiche, a tagliare la tipica pietra di Rognes dai riflessi rosa o gialli con cui realizzò il «Mosè» (nel 1952-54) e a scolpire il marmo. Si rivolse poi alla fonderia Susse per colare in bronzo alcuni pezzi come «La bête fantastique» (1952).

L’artista di Vitebsk (1887-1985), che sperimentò sempre diverse tecniche, dalla pittura, naturalmente, al disegno e al mosaico, e che lavorò il vetro e i tessuti, realizzò in tutto un centinaio di sculture su temi a lui cari: l’amore, le figure umane ibridate con animali e le scene tratte dalla Bibbia.

Quello della scultura resta un aspetto poco noto del suo lavoro a cui è dedicata, fino al 28 agosto, la mostra «Marc Chagall, Sculpture» al Musée National Marc Chagall: «Se la genesi dell’opera tridimensionale di Chagall è stata al centro di numerosi studi recenti, sottolinea Ambre Gauthier nel catalogo della mostra, l’utilizzo della scultura, della ceramica e del vetro nella sua pratica pittorica degli anni 1960-70 resta ancora da esplorare».

Tra le 60 opere esposte, anche collage inediti e incisioni su rame e legno.

Luana De Micco, 06 luglio 2017 | © Riproduzione riservata

Fiabe di pietra | Luana De Micco

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