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La star è Theaster Gates. Ma ci sono anche Creuzet, Scurti e von Bismarck
- Luana De Micco
- 19 febbraio 2019
- 00’minuti di lettura


Theaster Gates in «Black Madonna» (2018), Basilea, Kunstmuseum. © Theaster Gates. Foto © Julian Salinas
Espulsioni e rivisitazioni
La star è Theaster Gates. Ma ci sono anche Creuzet, Scurti e von Bismarck
- Luana De Micco
- 19 febbraio 2019
- 00’minuti di lettura
Luana De Micco
Leggi i suoi articoliTheaster Gates (Chicago, 1973) allestisce al Palais de Tokyo, dal 20 febbraio al 12 maggio, il suo ultimo progetto dal titolo «Amalgam», in cui esplora i temi delle migrazioni e della schiavitù. Gates è oggi uno dei più influenti artisti afroamericani. I suoi lavori, non solo opere d’arte, si traducono anche in progetti urbani concreti, come «Dorchester Projects», del 2009, per trasformare i quartieri popolari della sua città.
In «Amalgam», in cui mescola video, scultura e architettura, si ispira a un momento poco glorioso della storia americana: l’espulsione della popolazione, povera e di colore (alcune decine di persone) di Malaga Island, un isolotto al largo della costa degli Stati Uniti, nel Maine, voluta nel 1912 dal governatore di questo Stato americano. Il termine «amalgam» indica appunto la «mescolanza» razziale, etnica e religiosa.
Nel 2018 Gates ha esposto al Kunstmuseum Basel e allo Sprengel Museum di Hannover. Nel 2015 ha ottenuto il premio Artes Mundi e i suoi lavori sono stati esposti a Punta della Dogana, a Venezia. Nel 2012 ha partecipato a Documenta di Kassel.
La sua personale è la mostra principale della rassegna «Saison sensible» del Palais de Tokyo, che nelle stesse date, dal 20 febbraio al 12 maggio, propone una serie di altre esposizioni. Il centro parigino d’arte contemporanea allestisce «Quand faire c’est dire» di Angelica Mesiti, artista australiana (Sydney, 1976) scelta per rappresentare il suo Paese alla Biennale di Venezia di quest’anno. La Mesiti lavora sulla comunicazione non verbale. Si interessa al linguaggio dei segni, al codice Morse, alla musica. Per le sale della Galerie Seine, in un percorso immersivo e interattivo, sono state selezionate alcune delle sue principali installazioni video, tra cui la recente «Mother Tongue».
Il Palais de Tokyo ospita anche le monografiche degli artisti francesi Julien Creuzet e Franck Scurti e del tedesco Julius von Bismarck. Creuzet, nato nel 1986 nella periferia parigina, gioca sul rapporto spazio/tempo, mescola storia e mito, tecnologia e poesia. Franck Scurti (Lione, 1965) presenta «More is less», un’opera inedita in cui lavora su alcuni «classici» della storia dell’arte facendo ricorso agli oggetti del quotidiano. Dopo aver rivisitato «Il grido» di Munch nel 2011 e «I mangiatori di patate» di Van Gogh nel 2018, è ora la volta del «Cristo giallo» di Gauguin. Infine Julius von Bismarck, classe 1983, che vive e lavora a Berlino, presenta «Die Mimik der Tethys», un lavoro sugli oceani per il quale si è ispirato al mito greco di Teti.

Theaster Gates in «Black Madonna» (2018), Basilea, Kunstmuseum. © Theaster Gates. Foto © Julian Salinas