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Jacomo Robusti detto il Tintoretto, «Trinità», 1561-62 ca

Courtesy of Musei Reali di Torino, Galleria Sabauda

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Jacomo Robusti detto il Tintoretto, «Trinità», 1561-62 ca

Courtesy of Musei Reali di Torino, Galleria Sabauda

Vedova e Tintoretto: a Torino la luce inquieta di Venezia

La radice rinascimentale del maestro informale in mostra accanto ai violini del primo, nobile, collezionista di strumenti ad arco

Jenny Dogliani

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Rileggere la storia dell’arte veneziana attraverso due dei suoi interpreti più inquieti e visionari: Jacomo Robusti detto Tintoretto (1518-94) ed Emilio Vedova (1919-2006). Tracciare un filo che va dalla Serenissima Repubblica di Venezia, nel pieno della sua stagione rinascimentale, al Novecento del dopoguerra, della crisi del linguaggio figurativo e dalle avanguardie. È lil fulcro della mostra «Vedova Tintoretto. In dialogo», a Palazzo Madama-Museo Civico d’Arte Antica di Torino fino al 12 gennaio 2026, curata da Gabriella Belli e Giovanni Carlo Federico Villa, in collaborazione con la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova

L’esposizione affronta un tema poco esplorato: il modo in cui l’eredità di Tintoretto ha plasmato la visione di Vedova. A legare i due artisti un’idea di pittura intesa come spazio dinamico, costruito su tensione, luce e ritmo. Il progetto prende avvio da un prestito eccezionale del Musée du Louvre: l’«Autoritratto» di Tintoretto del 1588, ultima e drammatica sintesi della sua visione umana e spirituale. Attorno a questa tela si sviluppa un confronto serrato, che mette in luce come l’artista dell’Informale condivide con Tintoretto il valore del gesto, l’uso drammatico della luce, la capacità di far coincidere immagine e movimento. «Per la prima volta, osserva Gabriella Belli, la mostra indaga con rigore i processi della formazione del giovane Vedova sui testi pittorici di Tintoretto. E proietta poi il pubblico nella piena maturità del pittore veneziano, quando era ancora forte il debito per la pittura incandescente e premonitrice di Tintoretto. L’intensità di questo rapporto trova espressione nella monumentale opera in continuum, cento e più tele che richiamano, per scala e ambizione, i grandi teleri veneziani». 

Circa cinquanta le opere esposte, tra disegni e dipinti di Vedova e capolavori di Tintoretto, come le ancone dei Camerlenghi (dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia) e alcune «Metamorfosi» dalle Gallerie Estensi di Modena. Le tele di Vedova, dagli anni Quaranta agli Ottanta, ricostruiscono un percorso di riflessione e di confronto: dalla «Crocifissione (da Tintoretto)» del 1947 e dallo «Studio da Sogno di San Marco» del 1956 fino alla serie «…in continuum, compenetrazioni/traslati» del 1987-88, una struttura ambientale di oltre cento pannelli. «Questo dialogo sul farsi dell’arte, sottolinea Giovanni Carlo Federico Villa, è anche un omaggio a Vittorio Viale, che concepì i Musei Civici di Torino come un sistema capace di generare il contemporaneo a partire dall’antico». Se nelle sue opere Vedova trasforma il gesto pittorico in un atto fisico e mentale, spingendo la materia oltre i limiti della rappresentazione e facendo della pittura un luogo di energia e conflitto, Tintoretto dipinge con una gestualità rapida e nervosa, che piega la prospettiva al movimento e alla luce, anticipando quella fisicità che Vedova radicalizza. 

Più delicato, ma altrettanto vitale il gesto della mano che sfrega l’arco sulle corde di antichi e rari strumenti, esposti nella mostra fino al 23 novembre con «Il conte Cozio e il mito di Stradivari», a cura di Giovanni Accornero e Duane Rosengard. Venti strumenti ad arco di eccezionale rilievo (tra cui violini di Stradivari, Guarneri del Gesù, Guadagnini, Amati e Bergonzi) ricostruiscono il gusto del raffinato collezionista, il primo grande intenditore e collezionista di strumenti musicali del quale si abbia notizia. Un’installazione 3D, «La forma del suono», consente di esplorare il celebre violino «Salabue-Berta» di Giovanni Battista Guadagnini costruito nel 1774, poco dopo l’arrivo del Guadagnini a Torino, primo violino realizzato per il giovanissimo Conte Cozio che aveva voluto assicurarsi le prestazioni dell’anziano liutaio.

Palazzo Madama-Museo Civico d’Arte Antica, Piazza Castello, To, mer-lun (mar chiuso), 10-18, tel. 011/5211788, palazzomadamatorino.it, «Vedova Tintoretto. In dialogo», fino al 12 gennaio 2026; «Il conte Cozio e il mito di Stradivari», fino al 23 novembre

Emilio Vedova, «Installazione ...in continuum... compenetrazioni/traslati», 1987-88. Courtesy of M9-Museo del ’900. Photo © Vittorio Pavan, Venezia

Jenny Dogliani, 28 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Vedova e Tintoretto: a Torino la luce inquieta di Venezia | Jenny Dogliani

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