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Théo van Rysselberghe, «En juillet, avant midi», 1890, Otterlo, Kröller-Müller Museum

© Collection Kröller-Müller Museum, Otterlo, the Netherlands. Photo: Rik Klein Gotink

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Théo van Rysselberghe, «En juillet, avant midi», 1890, Otterlo, Kröller-Müller Museum

© Collection Kröller-Müller Museum, Otterlo, the Netherlands. Photo: Rik Klein Gotink

Seurat e Van Rysselberghe tra i protagonisti alla Sainsbury Wing

As you like it • I due artisti sono i protagonisti della mostra alla National Gallery di Londra che ospita opere del Kröller-Müller

David Ekserdjian

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Quest’autunno la National Gallery di Londra presenta ai visitatori una mostra focalizzata su un unico movimento artistico e proveniente in gran parte da un’unica collezione pubblica. A prima vista il concetto può sembrare alquanto limitato, ma al contrario rappresenta un’esperienza indimenticabile. Fino all’8 febbraio 2026 le nuove sale espositive della Sainsbury Wing ospitano «Radical Harmony: Helene Kröller-Müller’s Neo-Impressionists», che riunisce 58 opere, di cui 36 provenienti dal Kröller-Müller, museo noto per i suoi quasi 90 dipinti e oltre 180 disegni di Vincent van Gogh, ma che vanta anche una raccolta eccezionale e pionieristica di neoimpressionisti. In virtù di tutta questa ricchezza, ci si potrebbe chiedere se non fosse invece una buona idea recarsi direttamente a Otterlo, ma purtroppo la vita è breve e non c’è mai tempo per andare ovunque. 

Sono convinto di non essere il solo a pensare alla parola «puntinismo» per definire questo movimento artistico, anche se la definizione non fu amata dai suoi protagonisti, e in particolare da Paul Signac (1863-1935): qui si preferiscono i termini Neoimpressionismo, come nel titolo, o Divisionismo. Infatti, a guardar bene, molte volte i tocchi non sono proprio punti, ma l’effetto visivo generale è sempre lo stesso. Comunque sia, i risultati artistici di una tecnica praticamente identica sono diversissimi e in questa presentazione due personalità si distinguono dalle altre. 

La prima, e non deve sorprendere, è Georges Seurat (1859-91), «fons et origo» del Neoimpressionismo. In mostra viene rappresentato da un nucleo modesto di 11 pezzi, ma che dominano ovunque. Cinque sono paesaggi: fatta eccezione per «Le Bec du Hoc à Grandcamp» dalla Tate, che rappresenta un picco roccioso gigantesco davanti al vuoto infinito del mare, sono tutti evocazioni dei porti di Port-en-Bessin e Gravelines, rispettivamente destinazioni delle vacanze estive dell’artista nel 1888 e 1890. Queste tele silenziose non sono popolate da esseri umani, ma allo stesso tempo gli edifici, le barche a vela e le bandiere celebrano la convivenza dell’uomo con la natura. Al contrario, i dipinti che Seurat amava definire le sue «toiles de lutte» («tele di lotta») rivelano un aspetto completamente differente della sua produzione. Sono pochissime, solo sei, e qui si può godere di «Le Chahut» dal museo Kröller-Müller, e sul piano principale della National Gallery la collezione permanente ospita la sua prima esplorazione di questo genere, «Une baignade à Asnières». Manca, inevitabilmente, «Un dimanche après-midi à l’île de la Grande Jatte», il capolavoro in assoluto di Seurat (dal 1926 all’Art Institute di Chicago), ma solo perché Helene Kröller-Müller, seguendo il suggerimento di uno dei suoi consiglieri, si rifiutò di comprarlo a un prezzo ritenuto troppo alto all’epoca. Per la produzione di queste grandi tele l’artista seguiva i metodi degli Antichi Maestri ed eseguiva numerosi studi preparatori suddivisi tra squisiti disegni a pastello Conté nero e bozzetti spesso molto liberi nel tocco a olio, tre dei quali per «La Grande Jatte» sono inclusi (ve ne sono anche altri inerenti alla «Baignade» nella National Gallery). Peraltro, una ripetizione autografa su scala ridotta di «Les Poseuses» (Barnes Foundation, Filadelfia) è un notevole extra per questa sezione dedicata alle «toiles de lutte». Per quanto riguarda «Le Chahut», il cui titolo si riferisce a una specie di ballo popolare all’epoca a Montmartre meglio noto come «Can Can», è la combinazione di brio narrativo e austerità formale e cromatica che incanta. Per il pubblico dell’epoca, il godimento dello spettatore in basso a destra nella pseudopredella sottolineava l’indecenza del ballo, che rivela la biancheria intima indossata dalle danzatrici, mentre oggi è facilissimo perdere questa sfumatura. Assenti sono i due bozzetti preparatori, uno dei quali è uno schizzo drammaticamente diverso nei colori alla Courtauld Gallery, a circa un chilometro da Trafalgar Square. Il Courtauld vanta anche «La poudreuse» di Seurat e un suo paesaggio, e merita quindi una visita come supplemento alla mostra. 

L’altro eroe della rassegna alla National Gallery è Théo van Rysselberghe (1862-1926). Una delle sue qualità più notevoli è l’indipendenza da Seurat, con l’unica eccezione del suo omaggio a «Bec du Hoc» del predecessore, «Le “Per-Kiridy” à marée haute». Invece, «Scena di costa», acquisita dalla National Gallery nel 2000, ci offre un panorama quasi senza fine che si differenzia totalmente delle marine di Seurat. Quest’ultimo disegnava ritratti, ma non li dipingeva e, significativamente, degli otto dipinti di Van Rysselberghe in mostra, tre sono ritratti. Un quarto è qui considerato come tale, ma pare invece essere una scena di genere, e in questo senso più vicino al suo splendido «En juillet, avant midi» («A luglio, prima di mezzogiorno»), che evoca la tranquillità e il caldo estivo di un bel giardino di campagna. 

Per il resto, ci sono delle belle sorprese, come ad esempio «La Fonderie» di Maximilien Luce (1858-1941), una violenta esplosione di chiaroscuro, luci e colori, anche se non emergono ulteriori artisti degni di menzione. Dato il genio di Seurat e il sostegno di Van Rysselberghe, non importa. 

Georges Seurat, «Sunday at Port-en-Bessin», 1888. © Collection Kröller-Müller Museum, Otterlo, the Netherlands. Photo: Rik Klein Gotink

David Ekserdjian, 12 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

Seurat e Van Rysselberghe tra i protagonisti alla Sainsbury Wing | David Ekserdjian

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