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Mattioli tra carta e tela

Stefano Luppi

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C’era intesa tra il pittore Carlo Mattioli (1911-94), modenese di nascita e parmigiano d’adozione e cuore, e gli editori «locali» Guanda e Franco Maria Ricci: per il primo, di Modena, lavorò soprattutto negli anni Quaranta e Cinquanta e ideò il marchio della fenice, mentre con Ricci la frequentazione era a Parma.

Ora il Labirinto della Masone, lo spazio fondato dallo stesso Franco Maria Ricci, propone fino al 24 settembre una mostra che illustra attraverso sessanta opere, tra cui alcuni inediti scelti dai curatori Sandro Parmiggiani e Anna Zaniboni Mattioli, i trent’anni di attività del pittore dal 1961 al 1993.

Alla rassegna, realizzata dalla Fondazione Ricci e dall’Archivio Mattioli, sono presenti i cicli più rappresentativi del maestro emiliano, dagli intensi nudi alle materiche nature morte, fino ai ritratti di de Chirico, Guttuso, Manzù, Carrà, Longhi, Rosai, Giorgio Morandi (quattro, per la prima volta affiancati). Ma ci sono anche opere meno note, come ad esempio i «Cestini» desunti da Caravaggio oltre a opere raffiguranti spiagge e paesaggi campestri.

Una seconda rassegna, «Nella pagina e nello spazio», dedicata al Mattioli illustratore e scenografo, si svolge nelle stesse date alla Biblioteca Palatina di Parma: vi sono esposti libri, prime edizioni d’arte, i disegni dell’artista realizzati per l’editore Guandalini e, visibili per la prima volta, i bozzetti di scene e costumi che Mattioli realizzò per varie rappresentazioni teatrali. Di recente l’Archivio Mattioli di Palazzo Smeraldi, visitabile, ha pubblicato con Franco Maria Ricci e a cura di Anna Zaniboni Mattioli, il Catalogo Generale dei dipinti dell’artista, con testi di Enzo Bianchi, Vittorio Sgarbi e Marco Vallora e la schedatura di 2.700 opere (cfr. n. 371, gen. ’17, p. 36).

Stefano Luppi, 08 luglio 2017 | © Riproduzione riservata

Mattioli tra carta e tela | Stefano Luppi

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