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Mario Nigro, «Spazio totale», 1953

Courtesy A arte Invernizzi, Milano. Photo: Bruno Bani, Milano

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Mario Nigro, «Spazio totale», 1953

Courtesy A arte Invernizzi, Milano. Photo: Bruno Bani, Milano

Mario Nigro e la conquista dello spazio totale

La fase aurorale 1952-55 dell’artista toscano in mostra a Milano da A arte Invernizzi, tra struttura musicale ed energia geometrica

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

«Ho tratto esperienze dai rapporti che possono realmente intercorrere fra struttura musicale e costruzione astratta, problemi che erano stati accennati più volte, ma che non erano mai stati affrontati razionalmente. Sulla base di queste strutture ho studiato gli elementi plastici nelle loro ripetizioni, variazioni, simultaneità, coincidenze, giungendo così alla concezione di uno spazio totale dove forma e spazio si risolvono a vicenda in un superamento della bidimensionalità fisica». Così scriveva nel 1954 Mario Nigro (Pistoia, 1917-Livorno, 1992) commentando la stagione della sua ricerca, inaugurata due anni prima e poi protratta fino al 1965/66, da lui dedicata alla costruzione di quello «spazio totale» in cui il rigore costruttivo, di segno matematico e musicale, s’interseca con l’emozione, espressa da torsioni, tensioni e deformazioni delle strutture geometriche, dalle forti valenze espressive. Certo, uno dei momenti più alti, radicali e innovativi della sua traiettoria d’artista. Questa fase della ricerca di Nigro, colta nel suo momento aurorale, tra il 1952 e il 1955, è ora al centro della mostra curata da Paolo Bolpagni che A arte Invernizzi presenta a Milano dal 4 dicembre al 25 febbraio prossimo.

È sempre l’artista, nello stesso testo, a spiegarne i principi fondativi: «gli elementi plastici che si allineano in armonia, aventi ognuno eguali possibilità funzionali nel quadro, sono ancora l’indizio di un’aspirazione a un mondo concorde, i contrasti violenti che originano la struttura compositiva sono il segno di una lotta esistente», ponendo l’accento sulla collisione generativa che s’innesca tra le geometrie e le forze distorsive cui sono sottoposte, che aprono inquiete linee di faglia.

Disposta sui due piani della galleria, la mostra si avvia al livello superiore, dove sono esposti i lavori in cui si manifesta il processo grazie al quale i suoi reticoli di segni, accesi dal colore, si espandono e si trasformano in pura energia luminosa. E sono stupefacenti il numero e la molteplicità delle varianti che di volta in volta si manifestano nei suoi lavori di questo breve giro d’anni. Le stesse tensioni che si manifestano nello spazio inferiore, dove sono però esposti i lavori in cui l’artista esplora ancora più in profondità i meccanismi della percezione: qui lo spazio si fa campo di energie e, ancor di più, diventa elemento costitutivo dell’opera stessa. Colori, forme, strutture si muovono secondo un moto assoggettato a un ritmo musicale che li pervade (Nigro era un buon suonatore di violino e pianoforte), fondendoli con (e irradiandoli nel) l’ambiente in cui si trovano.

Figura centrale nell’arte italiana del dopoguerra, Nigro, che aveva avuto una formazione scientifica, laureato in chimica e in farmacia, si sarebbe avvicinato al MAC-Movimento Art Concreta conseguendo un immediato riscontro internazionale e dal 1959 avrebbe lasciato la Toscana per Milano, per dedicarsi alla sola arte (anche da acuto teorico). Di qui, esporrà più volte in Biennale a Venezia e in importanti mostre internazionali, collettive e personali, occasioni che si sarebbero infittite dopo la sua scomparsa, mentre nel 2009 uscirà il Catalogo ragionato firmato da Germano Celant. A commento della mostra «Mario Nigro. Spazio totale 1952-1955», un catalogo bilingue con un saggio di Paolo Bolpagni, la riproduzione delle opere in mostra e un’aggiornata bio-bibliografia.

Ada Masoero, 01 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

Mario Nigro e la conquista dello spazio totale | Ada Masoero

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