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Germaine Krull con la Contax, 1932 ca, autore sconosciuto

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Germaine Krull con la Contax, 1932 ca, autore sconosciuto

L’anticonformismo di Germania Krull in mostra a Essen

A cinquant’anni dalla morte dell’artista polacca, il Museo Folkwang ne esplora lo spirito ribelle e innovativo

«Chien fou», il cane pazzo o «zottel» in tedesco: così gli amici chiamavano affettuosamente Germaine Krull (Polonia, 1897-Svizzera, 1985) durante gli anni universitari a Monaco. Il nomignolo era talmente appropriato che Krull lo scelse come titolo del suo primo libro semi-autobiografico: oggi, a cinquant’anni dalla scomparsa dell’artista, il Museo Folkwang di Essen (Germania) lo ha scelto come titolo della più importante retrospettiva a lei dedicata, aperta al pubblico dal 28 novembre al 15 marzo 2026.

Per descrivere la vita e la carriera di Krull sarebbe quasi più semplice elencare quello che non ha fatto. Una figura sui generis, un emblema dell’emancipazione femminile, Krull nasce in Polonia da una famiglia benestante, che le dà una libertà e un’educazione all’epoca riservate agli uomini. Trasferitasi in Germania per studiare fotografia, è espulsa dal Paese per il suo supporto al Partito Comunista: arrivata in Russia, viene arrestata per le sue dichiarazioni anti-bolsceviche. Ancora ventenne, si trasferisce a Berlino, dove apre uno studio di fotografia, e poi ad Amsterdam (con un marito di convenienza) e a Parigi. A 30 anni è considerata una delle fotografe più importanti nel panorama artistico francese, paragonata a nomi quali Man Ray e André Kertész, ed è parte integrante dei circoli artistici della città.

«Il vero fotografo è un testimone del proprio tempo, […] del quotidiano, è un reporter», scrisse Krull nel 1930, nell’introduzione alla raccolta «Études de nu». E in effetti non ci sono limiti a quello che fotografa: realizza servizi per la moda e la pubblicità, fotografie di viaggio, ma è anche fotogiornalista i cui delicati nudi femminili complementano gli angoli drammatici dei suoi paesaggi urbani (nel 1928, la serie Métal, che immortala da angoli drammatici la Tour Eiffel e altri edifici modernisti, crea scalpore, diventando uno dei libri fotografici più importanti del Novecento). 

Durante la Seconda guerra mondiale è sul fronte, o meglio, sui fronti: insieme al Fronte di Liberazione francese viaggia in Brasile, Algeria, Alsazia e Thailandia. È in quest’ultima tappa che decide di fermarsi e, con la passione e l’intensità che la caratterizzano, si dedica a una nuova missione: la gestione del celeberrimo Oriental Hotel, che, nei vent’anni sotto Krull, diviene un punto focale della vita culturale del Sud-est asiatico.

L’amore per la fotografia però rimane, tanto che Krull pubblica tre libri fotografici in quel periodo e quando, a settant’anni, decide di ritirarsi dall’hotel, parte verso l’India per realizzare un progetto fotografico sul popolo tibetano e finisce per passare gli ultimi 15 anni della sua vita in una comunità buddhista. 

Con «Germaine Krull: Chien Fou», il Museo Folkwang, che gestisce il patrimonio dell’artista dal 1995, vuole offrire una nuova prospettiva sulla sua vita e carriera: ci sono in sala le celebri immagini degli anni Venti e Trenta e della guerra, ma il museo esibisce anche le meno conosciute immagini del Dopoguerra, fornendo una visione più completa del suo lavoro.

Oltre al corpus fotografico, l’istituzione tedesca espone anche, per la prima volta, l’imponente archivio di pubblicazioni di Krull: in aggiunta ai libri fotografici, Krull scrisse libri autobiografici e di fiction, reportage politici e riflessioni sull’arte. In collaborazione con l’Università di Duisburg-Essen, il museo ha inoltre organizzato gli archivi, reinterpretandoli da una prospettiva transnazionale e transculturale e rendendoli accessibili al pubblico grazie a una piattaforma Open Access e a una nuova pubblicazione.

Come afferma Peter Gorschlüter, direttore del museo, nell’introduzione a Chien Fou Selected Writings, il catalogo che accompagna la mostra, «l’eredità di scritti di Germaine Krull non è semplicemente un’appendice al suo acclamato lavoro fotografico, ma è uno strumento per avvicinarci al suo mondo mentale, alla sua realtà e alle sue convinzioni politiche».

Germaine Krull, «La Tour Eiffel, Parigi, 1928»

Germaine Krull, «Banteay Srei. Angkor, Cambogia, 1960 ca»

Anna Aglietta, 25 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

L’anticonformismo di Germania Krull in mostra a Essen | Anna Aglietta

L’anticonformismo di Germania Krull in mostra a Essen | Anna Aglietta