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Jeff Wall, «The Drain», 1989

Courtesy of the Artist and White Cube

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Jeff Wall, «The Drain», 1989

Courtesy of the Artist and White Cube

Jeff Wall e le pitture di luce nate da incontri casuali

Quarant’anni di ricerca del grande fotografo canadese alle Gallerie d’Italia-Torino

Olga Gambari

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Non ama parlare del suo lavoro, dare troppe spiegazioni, interpretazioni. Jeff Wall dice che ogni sua immagine vive nell’incontro privato con il pubblico. David Campany, scrittore, critico d’arte e direttore creativo dell’International Center of Photography di New York, cura la mostra che Gallerie d’Italia-Torino di Intesa Sanpaolo dedica al grande fotografo, categoria che in realtà gli sta un po’ stretta. Ha sempre detto di sentirsi un contestatore delle caratteristiche tradizionali del mezzo fotografico, alla ricerca di quel potenziale che, invece, secondo lui cinema e pittura hanno scoperto. E infatti i suoi famosi lightbox (nati alla fine degli anni Settanta in forma di diapositive retroilluminate) sembrano soprattutto delle pitture nella «sala di luce» a loro dedicata a Gallerie d’Italia-Torino (al riguardo Wall riflette che le sue fotografie non copiano la pittura, ma imparano da essa). 

Così ogni immagine, frutto di una lunghissima, meticolosa elaborazione e cura, è una sorta di teatro costruito, di messa in scena sia reale che postprodotta, anche se possono dare l’idea di un certo naturalismo. Eppure Wall, nato a Vancouver nel 1946, ricorda che ognuna è nata da un incontro casuale, non cercato, accaduto per strada, in un libro, in un film. Con molta influenza anche da parte del linguaggio pubblicitario. Ogni fotografo è un cacciatore vegetariano, spiega, che va in giro con la sua macchina fotografica seguendo l’istinto. Le sue immagini, infatti, sono spesso evocazioni di scene che ha visto nella quotidianità, siano esse un paesaggio siciliano o un dialogo intercettato in una strada di Londra. E sono poi citazioni di capolavori dell’arte, come i dipinti di Hokusai, Hopper, Vermeer, Manet e Delacroix, della letteratura e del cinema, il Neorealismo soprattutto. Ricorda che già da giovanissimo andava sempre al cinema, rimanendo per ore a vedere e rivedere le pellicole.

In mostra sono presenti alcune delle sue opere più iconiche, per esempio «After “Invisible Man” by Ralph Ellison», tratto dal romanzo Invisible man scritto da Ralph Waldo Ellison nel 1952, tra i testi fondativi della cultura americana, che racconta di un uomo che vive abusivamente in un seminterrato con stanze illuminate da centinaia di luci. Poi «The Thinker», declinazione fotografica del «Pensatore» di Auguste Rodin, «the Prologue, Odradek, Táboritská 8, Prague, 18 July 1994», ispirata a un racconto di Franz Kafka. Accoglie nella mostra, che si intitola semplicemente «Photographs» e ripercorre 4 decenni di lavoro a partire dai primi anni Ottanta, un trittico di notevoli dimensioni, «I giardini/The Gardens» (2017), realizzato nei giardini della Villa Silvio Pellico a Moncalieri, appena fuori Torino.

Nel cuore di ogni immagine, Wall dice nascondersi quello che lui chiama un writing, cioè un’idea, un’immagine, un pensiero da cui è scaturita e che la anima, quello a cui lui vuole dare ascolto e forma. L’incipit di ogni opera, quindi, è un soggetto che lui scrive, anche composto di poche parole, quell’idea che ne costituisce il senso più profondo. La narrazione nasce da lì e poi si fa forma e colore, aggiunge, anche se lo spettatore sarà libero di animare una sua narrazione personale. E agli attori e ai modelli che incarnano le sue immagini, bloccati in una sorta di realismo metafisico sospeso tra tempo e spazio, in qualcosa che a volte può assomigliare a un documentario sulla condizione umana, Wall spiega solo il tema, il pensiero che vuol mettere in scena, lasciandoli entrare con la loro spontaneità nel lavoro, senza indicazioni precise. Figure che spesso nel suo lavoro sono apparse distese a terra, colte in meditazioni, in pensieri interiori che le astraggono dal luogo.

La mostra sarà il paesaggio su cui prenderà vita il programma di incontri «Palinsesto#Inside», con ospiti tra cui Mario Calabresi, Franco Arminio, Marco Bardazzi, Rosella Postorino e Federico Fubini.

Gallerie d’Italia-Torino, piazza San Carlo 156, To, mar/gio-dom 9,30-19,30, mer 9,30-20,30, tel. 800167619, gallerieditalia.com, «Jeff Wall. Photographs» fino all’1 febbraio 2026

Olga Gambari, 28 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Jeff Wall e le pitture di luce nate da incontri casuali | Olga Gambari

Jeff Wall e le pitture di luce nate da incontri casuali | Olga Gambari