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Una veduta della mostra «Cime di alberi e gambe di tavolo» alla Pinacoteca G.A. Levis di Chiomonte

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Una veduta della mostra «Cime di alberi e gambe di tavolo» alla Pinacoteca G.A. Levis di Chiomonte

Jacopo Rinaldi e i riti arborei della Val di Susa

Nella Pinacoteca G.A. Levis di Chiomonte l’artista romano invita a ripensare la memoria come una trottola in continuo movimento

«Cime di alberi e gambe di tavolo», la mostra di Jacopo Rinaldi a cura di Arteco e Cripta747 e visitabile fino al 25 gennaio 2026 nella Pinacoteca G.A. Levis di Chiomonte (To), pone fin dal titolo una domanda implicita. Quale asse invisibile unisce queste due estremità apparentemente inconciliabili? Un interrogativo che si riflette nel complesso rapporto tra natura e cultura, in un contesto singolare come quello della Val di Susa: territorio montano e di frontiera, dove il sacro, l’umano e il paesaggio s’intrecciano in una geografia instabile attraversata da continui transiti, tensioni e trasformazioni.

Nel dicembre 2024 l’artista romano Jacopo Rinaldi (1988) è stato invitato a una residenza alla Pinacoteca G.A. Levis per sviluppare un progetto in dialogo con la tradizione locale. Partendo dalla collezione etnografica del museo, l’artista ha coinvolto il Parco Alpi Cozie e le Scuole di Intaglio di Bussoleno e Chiomonte per approfondire le risonanze formali e simboliche che attraversano l’artigianato e la cultura del territorio.

Al centro dell’interesse di Rinaldi ci sono i riti arborei della Val di Susa, in particolare le antiche feste del maggio, celebrazioni primaverili in cui un albero veniva sottratto al bosco e condotto nel centro del paese, segnando il passaggio stagionale e il rinnovarsi del patto di alleanza tra comunità e natura. Nel corso dei secoli questi riti si sono tramandati e trasformati, fino a trovare nuova collocazione nel calendario delle festività cristiane. È il caso di Chiomonte, dove, nel giorno del patrono San Sebastiano, la cima di una conifera (la «Pouento») viene portata in processione e fatta ruotare come un fuso lungo le vie del borgo. Oggi sostituita da una struttura metallica, quella figura danzante per l’artista non è solamente un gesto rituale, ma rappresenta una trasformazione: dall’albero al santo, dalla foresta alla comunità, dalla quiete naturale alla ciclicità del rito.

A partire da questo particolare sincretismo, Rinaldi ha interrogato i documenti (materiali etnografici, saperi manuali o tradizioni orali) per indagare quale forma assuma oggi quella ritualità ancestrale. «Cime di alberi e gambe di tavolo» si presenta come una possibile risposta: le cose possono cambiare forma, ma custodire saldamente, nel loro nucleo più profondo, un segreto intatto nel tempo. Per l’artista, questo nucleo è la rotazione: principio dinamico e al tempo stesso misura costante, unità di lettura della tradizione e chiave formale con cui ha generato una pluralità di oggetti differenti. Una rotazione che affiora dal materiale stesso, il tronco cilindrico dell’albero, e che si riflette nei profili delle conifere, nelle loro geometrie interne, nella spirale dell’accrescimento naturale.

Con l’uso del tornio, Rinaldi ha realizzato una serie di solidi in legno dai volumi essenziali, ottenuti dalla rotazione di sagome piane attorno a un asse centrale. Pedoni, trottole, fusi, burattini, ogni figura è insieme custode e rivelatrice di forme latenti, archetipiche, che attraversano il tempo e riaffiorano come strutture ricorrenti nell’immaginario collettivo. Questa operazione, di tradurre il disegno bidimensionale in volume scultoreo, sembra inserirsi perfettamente nel solco della pratica artistica di Rinaldi, che riflette sulla possibilità di rielaborare la storia a partire da tracce residue, frammenti e indizi minimi, ma capaci, proprio come le sue sculture, di riattivare profondità dimenticate, restituendo corpo e volume a ciò che prima sembrava perduto.

L’installazione ambientale si estende fino alla collezione permanente del museo, in cui una serie di vedute astratte, ottenute mediante la frattura di lavagne scolastiche in ardesia, si confronta con le tavolette pittoriche di G.A. Levis. Rinaldi non raffigura direttamente il paesaggio montano, ma lascia che sia la pietra a evocarlo in scala ridotta, seguendo un principio che richiama la geometria dei frattali. Anche in questo caso, sembra compiersi un passaggio dal piano al volume, come se il progressivo ispessimento materico della pittura degli ultimi anni di Levis trovasse la sua naturale prosecuzione nella fisicità del materiale scelto da Rinaldi.

La mostra «Cime di alberi e gambe di tavolo» invita a ripensare la memoria come un corpo in movimento. Come una trottola, che resta in piedi solo se continua a girare. Per sopravvivere, deve cambiare forma, riattivarsi, trovare nuovi modi per abitare il tempo. In fondo, più che fissare il passato in una forma definitiva, forse il compito della memoria è quello di continuare a trasformarsi con noi, cambiare passo, trovare nuove geometrie per abitare il presente.

Una veduta della mostra «Cime di alberi e gambe di tavolo» alla Pinacoteca G.A. Levis di Chiomonte

Barbara Ruperti, 07 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

Jacopo Rinaldi e i riti arborei della Val di Susa | Barbara Ruperti

Jacopo Rinaldi e i riti arborei della Val di Susa | Barbara Ruperti