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Da sinistra: Georg Baselitz, «Aurora viene», 2015; Lucio Fontana, «Concetto Spaziale», 1957

© Georg Baselitz, courtesy Thaddaeus Ropac gallery, Londra, Parigi, Salisburgo, Milano e Seul; © Fondazione Lucio Fontana, Milano, by Siae 2025, courtesy Thaddaeus Ropac gallery, Londra, Parigi, Salisburgo, Milano e Seul

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Da sinistra: Georg Baselitz, «Aurora viene», 2015; Lucio Fontana, «Concetto Spaziale», 1957

© Georg Baselitz, courtesy Thaddaeus Ropac gallery, Londra, Parigi, Salisburgo, Milano e Seul; © Fondazione Lucio Fontana, Milano, by Siae 2025, courtesy Thaddaeus Ropac gallery, Londra, Parigi, Salisburgo, Milano e Seul

Fontana-Baselitz: quando l’infinito incontra la carne

La galleria Thaddaeus Ropac debutta a Milano con un confronto tra i due artisti, nato dall’influenza che l’autore italo-argentino ha avuto sull’autore tedesco

Può l’apertura di una galleria cambiare lo scenario artistico di Milano? Sì, se la galleria in questione è Thaddaeus Ropac e la mostra inaugurale, «L’aurora viene», accosta Lucio Fontana, tra gli artisti più celebri in assoluto del secolo scorso, e Georg Baselitz, autore tedesco di fama mondiale, destinato ai libri di storia, e punta di diamante della scuderia del mercante austriaco. L’apertura è prevista per il 20 settembre, con l’esposizione che sarà visitabile fino al 21 novembre. Si tratta dell’esordio di un programma espositivo che già catalizza attese e aspettative, che promette di portare autori mai visti in Italia e di coltivare al contempo la creatività locale. L’innesco del progetto nasce dall’influenza che l’autore italo-argentino ha avuto su Baselitz, il quale ha uno studio in Italia, e si sviluppa in un dialogo tra le rispettive produzioni. Del pittore tedesco, celebre soprattutto per i suoi «ritratti capovolti», sono esposti alcuni dei dipinti più recenti, realizzati negli ultimi dieci anni, insieme a un’inedita scultura monumentale in bronzo. L’immagine sospesa di queste figure suggerisce una sorta di «uscita dalla profondità», che riecheggia la dimensione infinita oltre la tela, come suggerito da Fontana con i suoi tagli.

Nodo cruciale della connessione tra i due sono i centri scuri di alcune opere di Baselitz, una serie iniziata nel 2015 in un periodo di intensa riflessione sul lavoro di Fontana, tra cui compare proprio «Aurora viene» (2015), che conferisce un titolo cosmico alla mostra. D’altra parte, essa si configura come un’esplorazione dell’infinita materia oscura, che i due artisti hanno indagato affondando sotto la superficie del metodo pittorico. E non solo. Di Fontana sono infatti proposte anche una serie di sculture «barocche» risalenti al 1937 e una selezione di «Concetti spaziali» degli anni Cinquanta e Sessanta, che mostrano l’evoluzione progressiva verso lo Spazialismo. Tra queste alcune iconiche «Attese» degli anni Sessanta, insieme a esempi chiave delle serie «Gessi» (1954-58) e «Inchiostri» (1956-59), oltre a una «Fine di Dio» del 1963-64. 

«L’infinito, l’inconcepibile, la fine della figurazione, l’inizio del nulla» diceva Fontana della sua opera, che sfiorando quella di Baselitz accende un senso latente di unione tra cosmico e umano, tra ponderabile e impossibile. L’intima e disarmante corporeità dei personaggi del pittore tedesco si trova così allineata all’essenziale potenza generativa di Fontana. Due sentimenti che creano un’atmosfera, come di un’astronauta che non galleggia nello spazio, ma nelle profondità del suo animo.

Davide Landoni, 17 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

Fontana-Baselitz: quando l’infinito incontra la carne | Davide Landoni

Fontana-Baselitz: quando l’infinito incontra la carne | Davide Landoni