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Ancora una mostra di ricerca per Repetto Gallery, che dal 20 settembre al 13 dicembre presenta «Giorgio Morandi and Beyond», curata da Maria Cristina Bandera, la più autorevole studiosa del maestro bolognese che, insieme ai galleristi, ha scandagliato anche i linguaggi di alcuni artisti che (ognuno a proprio modo) hanno condiviso con lui l’indagine su un mondo silenzioso fatto di oggetti e paesaggi disadorni e feriali: pretesti, per lui e per loro, per riflettere sugli statuti della forma, come suggerì nel 1945 lo storico dell’arte (ma anche critico militante) Roberto Longhi, che di Morandi era anche uno dei rari amici: «Oggetti inutili, paesaggi inameni, fiori di stagione, sono pretesti più che sufficienti per esprimersi “in forma”».
Gli artisti scelti per dialogare con l’opera di Morandi sono Pier Paolo Calzolari, Gianni Caravaggio, Peter Dreher, Luigi Ghirri, David Hockney, Gianfranco Ferroni, Osvaldo Licini, Ben Nicholson, Salvo, Sean Scully e Franco Vimercati, tutti abituati come lui a muoversi nel territorio della «sottrazione», del silenzio, dell’essenzialità. Morandi è presente in mostra con una trentina di opere magnifiche, tutte pubblicate sui cataloghi storici, equamente divise tra dipinti (dal 1929 al 1963), disegni, acqueforti (la prima, del 1915): una tecnica, quest’ultima, «parallela e non tributaria», come scrisse Longhi, che Morandi esercitò per l’intera vita, lungamente anche da docente, ponendosi tra i massimi incisori di tutti i tempi, e alla quale assegnò sempre l’identica dignità della pittura. Ma, insieme alle opere di Morandi, ecco sfilare i lavori di altri grandi artisti, «ognuno dei quali, spiega Bandera, prende da lui ciò che può essere più utile all’interno della sua poetica. In altri casi, invece, ad accomunarli sono le scelte di vita: di meditazione e di riserbo. Ma ciò a cui tenevamo era di attualizzare Morandi, di farlo uscire dal cliché del “pittore delle bottiglie”, ancora così diffuso in Italia, e di indagarlo sotto un’altra luce, un po’ come abbiamo fatto con Sergio Risaliti nella mostra “Morandi e Fontana. Invisibile e Infinito” (in corso fino al 14 settembre al CAMeC di La Spezia, Ndr)».
E proprio questo aspetto sarà approfondito dal talk in galleria, il 15 novembre, tra Maria Cristina Bandera e Lorenzo Balbi, direttore del MAMbo e del Museo Morandi. In mostra ci sono artisti coetanei di Morandi come Licini, amico di gioventù, con cui presero forma delle «divergenze parallele» (Marilena Pasquali), o Nicholson, che si dichiarava «affascinato da sempre dall’arte di Morandi», e autori delle generazioni successive come Ferroni, dichiaratamente affascinato da lui («fino agli anni ’40», specificava però), o Hockney, presente con un’acquaforte, ma anche artisti della fotografia come Franco Vimercati, cui lo accomuna l’assenza di ogni volontà di narrazione, e Luigi Ghirri, con due immagini della serie «Studio di Giorgio Morandi» (1989-90). E poi Pier Paolo Calzolari, maestro che con Morandi condivide il rigore compositivo, qui con un lavoro suggestivo del 2014, e Sean Scully, che esplicita tutta la sua ammirazione per il maestro italiano, fino a Gianni Caravaggio, nato dopo la morte di Morandi, con il trittico su carta «Tre sipari si aprono per breve (Aletheia)» (2025), fondati sul principio del «disvelamento» attraverso il dialogo con l’osservatore.