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Alla GAMeC la prima ampia retrospettiva dell’artista austriaca
- Ada Masoero
- 07 marzo 2019
- 00’minuti di lettura


«Schwangerer Schuh» (1976), di Birgit Jürgenssen. Estate Birgit Jürgenssen. Courtesy Galerie Hubert Winter, Vienna Bildrecht Vienna, 2018
Chiamatemi Birgit (Jürgenssen)
Alla GAMeC la prima ampia retrospettiva dell’artista austriaca
- Ada Masoero
- 07 marzo 2019
- 00’minuti di lettura
In arrivo dalla Kunsthalle di Tubinga, che l’ha organizzata con l’Estate Birgit Jürgenssen, il 7 marzo si apre alla GAMeC la mostra «Birgit Jürgenssen, I Am» (fino al 19 maggio), che dopo Bergamo si trasferirà al Louisiana Museum of Modern Art a Humlebæk, in Danimarca.
Si tratta della prima ampia retrospettiva fuori dall’Austria di quest’artista che, con Valie Export e Maria Lassnig, è stata un’esponente di primo piano dell’avanguardia austriaca degli anni ’70. Oltre 150 i suoi lavori in mostra, tra disegni, fotografie a colori e in bianco e nero, cianotipi, rayogrammi, installazioni di plastica e tessuti, capaci di coprire, lungo i tre decenni del suo lavoro, l’intero ventaglio espressivo di Birgit Jürgenssen (1949-2003), un’artista che nei suoi disegni ha sempre riflettuto (spesso con autoironia) sul corpo femminile e sulle sue risonanze emozionali, ma che nel vasto corpus del suo lavoro ha esplorato anche le relazioni umane, la sessualità e le nozioni di bellezza e delle relazioni di genere, così condizionate dal contesto sociale, accendendo le sue riflessioni con uno humour sovversivo.
Anche l’industrializzazione e i suoi danni sull’ambiente sono stati oggetto della sua indagine, specie negli anni ’70, quando metteva in evidenza lo stretto legame che unisce l’uomo al mondo vegetale e animale servendosi di processi di segno surrealista. Ibridava, infatti, forme animali e vegetali in immagini di grande forza espressiva, anticipatrici di tante tematiche oggi più che mai attuali.

«Schwangerer Schuh» (1976), di Birgit Jürgenssen. Estate Birgit Jürgenssen. Courtesy Galerie Hubert Winter, Vienna Bildrecht Vienna, 2018