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Margherita Panaciciu
Leggi i suoi articoliC’è qualcosa di profondamente umano, quasi vulnerabile, nella pittura di Chantal Joffe. Nella sua nuova mostra, I Remember, presentata alla Victoria Miro di Londra (14 novembre – 17 gennaio), l’artista prosegue la sua ricerca sulla figura e sull’autobiografia, intrecciando ricordi personali, ritratti familiari e riflessioni sul tempo che passa. Il titolo riprende l’iconico libro di Joe Brainard, un catalogo di memorie minute e affettuose che, nella loro semplicità, rivelano la densità emotiva del vissuto. Per Joffe, dipingere diventa un atto di rievocazione, una pratica che cerca di trattenere l’evanescenza del ricordo attraverso il gesto e il colore. «Il libro di Joe Brainard mi spinge sempre a elencare le cose che ricordo e l’atmosfera e il tempo che evocano. Questi dipinti sono una sorta di memoria della mia infanzia e della mia famiglia, un tentativo di viaggiare nel tempo. Quando li realizzo, è quasi come se fossi lì, in quel passato», ha dichiarato l’artista inglese di origine americana ma che lavora a Londra.
Le figure – donne, bambine, volti familiari – emergono da campiture ampie, vibranti, a volte instabili. Non c’è volontà di fissare un’immagine ideale, ma di restituire il fragile equilibrio tra presenza e sparizione. Ogni ritratto diventa una soglia: un luogo dove il tempo della memoria e quello della pittura coincidono, dove il volto rappresentato sembra riaffiorare da uno spazio interiore più che da una scena reale.
Chantal Joffe, «Matrushka Dolls», 2025. © Chantal Joffe Courtesy the artist and Victoria Miro
L’attenzione di Joffe per la corporeità, per i gesti imperfetti e i silenzi emotivi, è da sempre centrale nel suo lavoro. Nel percorso, tuttavia, la dimensione autobiografica si fa più esplicita e più commovente: non solo un’indagine sull’identità, ma una forma di intimità condivisa, un invito a riconoscere come la memoria, pur personale, sia anche collettiva. Questa riflessione trova un ulteriore sviluppo nella pubblicazione Painting Writing Texting, edita da MACK (novembre 2025), che documenta il lungo dialogo tra Joffe e la scrittrice Olivia Laing. La loro collaborazione, iniziata nel 2016 con una seduta di ritratto, è diventata un confronto sull’atto creativo e sulle intersezioni tra parola e immagine. Dieci saggi di Laing accompagnano una sequenza di opere di Joffe, esplorando «il processo strano e rischioso con cui la vita quotidiana si trasforma in arte». È una chiave di lettura che si riflette anche nella mostra: la pittura come scrittura, come modo di dare forma al tempo e di abitare la memoria.
Nata nel 1969, Joffe è oggi una delle voci più autorevoli della pittura figurativa contemporanea. Premi e mostre in tutto il mondo – dal Fitzwilliam Museum di Cambridge alla Royal Academy di Londra, dal Modern di Fort Worth al Metropolitan di New York – testimoniano una coerenza e una profondità rare: la capacità di rendere universale ciò che nasce da una singola esperienza di vita. In «I Remember», quella capacità raggiunge una nuova intensità. Non è nostalgia, ma una forma di presenza: la consapevolezza che ricordare non significa tornare indietro, bensì ritrovare, nel volto di chi amiamo, la prova che siamo ancora qui.