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Luana De Micco
Leggi i suoi articoli«Maurizio Cattelan è di ritorno, il desiderio è tornato. Si rimette al lavoro. Al Guggenheim, nel 2011, aveva in un certo senso lasciato la sua “famiglia”, le sue opere. Era la mostra di uscita. Ora con la Monnaie rientra». Parla con entusiasmo Chiara Parisi, la direttrice dei programmi culturali della Monnaie de Paris, lo storico palazzo della zecca, dove ancora oggi si battono monete da collezione e medaglie, che nel 2014 ha aperto le sue sale barocche all’arte contemporanea. La Parisi ha curato la mostra «Maurizio Cattelan. Not Afraid of Love» che si tiene dal 22 ottobre all’8 gennaio 2017 e che, con una ventina di opere di Cattelan (Padova, 1960), tutte molto note, viene presentata come un «esercizio del post requiem». Ma è un ritorno definitivo? La direttice sorride alla nostra domanda: «Non si sa. Ma è un gesto generoso. Non c’è strategia».
Chiara Parisi, come si è convinto a tornare a esporre?
Maurizio ha un grande senso della responsabità, non dà risposte avventate. Ho ritrovato di recente un vecchio scambio di mail ai tempi del vernissage del Guggenheim in cui già gli parlavo di questo progetto. Lui mi aveva risposto che ci avrebbe pensato. Quando abbiamo iniziato il lavoro alla Monnaie, con Paul McCarthy, abbiamo capito che era essenziale presentare il lavoro di Cattelan. È uno dei più grandi artisti viventi. Penso che abbia accettato solo quando ha ritenuto che fosse giusto e naturale fare questa mostra. Da due anni viene regolarmente qui per lavorarci.
Come si lavora con Cattelan?
È una persona esigente, è preciso, professionale. Ogni opera è una sfida. Fa una mostra, ma è tutta la Monnaie che viene coinvolta. Ha rimesso tutto in discussione con il suo modo trasversale di vedere la vita, dalla biglietteria al circuito espositivo.
Le sue sculture sono molto popolari. Come riuscire a fare qualcosa di nuovo?
Cattelan ha scelto solo le opere che ritiene davvero essenziali per il suo percorso. Fa il lavoro inverso a quello per il Guggenheim. Lì cercava di essere esaustivo, metteva tutte le opere allo stesso livello e si preparava a uscire di scena. Qui le ha scelte una per una per poter rientrare con loro. C’è una sequenza ben precisa. È anche la prima volta che le opere selezionate vengono viste tutte insieme. È per questo che lui stesso dice che è la prima grande mostra a livello europeo che abbia mai fatto. È incredibile, ma queste opere insieme sono quasi un lavoro nuovo.
Qual è la reazione di Parigi a questo evento?
Parigi sta reagendo molto bene. Ho un buon riscontro dai direttori degli altri musei. È la mostra che ci voleva. Si dice, «finalmente Cattelan a Parigi». È un artista umano, le sue opere sono più attuali oggi di quindici anni fa, è giusto che sia qui a Parigi in questo momento.
Come definisce l’opera di Cattelan?
Direi necessaria, caustica ma non provocatoria, come spesso si dice ingiustamente. Penso che sia metafisica. Cattelan lavora per immagini e penso che la dimensione scultorea sia un’esigenza per mostrarle.
Ogni volta che Cattelan ha presentato un nuovo lavoro, ha sollevato scalpore. C’è da aspettarsi qualcosa anche questa volta?
Lo spero bene! È una sorpresa anche per noi. Ma c’è sicuramente qualcosa che ci è sfuggito, o che lui non ci ha detto, magari una chiave di lettura inattesa. Lui è libero, siamo fiduciosi.