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Benedetta Casagrande, «Untitled (Wing)» dalla serie «All things laid dormant», 2024 (particolare)

© Casagrande Benedetta

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Benedetta Casagrande, «Untitled (Wing)» dalla serie «All things laid dormant», 2024 (particolare)

© Casagrande Benedetta

Benedetta Casagrande mette in luce la fragilità del nostro tempo

In Triennale, con «All Things Laid Dormant», le fotografie dell’artista milanese raccontano il desiderio di ritrovare un luogo e un senso di appartenenza

Il tema è fra i più brucianti del nostro tempo: il pericolo, generato da noi umani, che ogni giorno di più minaccia la natura e mette a repentaglio la sopravvivenza di tante specie. Ma, oltre a questo, c’è la qualità del linguaggio fotografico con cui Benedetta Casagrande (Milano, 1993) lo affronta, che fa delle sue immagini opere (anche) di poesia, forti della capacità comunicativa potenziata che nasce dal contributo dell’emozione. Se poi si aggiunge l’approccio visivo, teso a ingannare lo sguardo e a metterlo in scacco per effetto dell’ambiguità, voluta e cercata dall’autrice, di ciò che vediamo, allora non è difficile capire perché sia stata lei, Benedetta Casagrande, con il suo progetto «All Things Laid Dormant», la vincitrice dell’11ma edizione di «Giovane Fotografia Italiana|Premio Luigi Ghirri», il riconoscimento nato nell’ambito del festival Fotografia Europea di Reggio Emilia. Dopo essere stato presentato nell’aprile scorso nella mostra «Contaminazioni» (a Palazzo dei Musei di Reggio Emilia, all’interno della manifestazione «Giovane Fotografia Italiana #11»), il suo progetto è esposto fino al 3 marzo, con la cura di Ilaria Campioli e Daniele De Luigi, in Triennale Milano, grazie alla partnership tra il Comune di Reggio Emilia e l’istituzione milanese.

Ad assegnarle il Premio Luigi Ghirri sono stati Giovanna Calvenzi (per Triennale Milano), Alessandro Dandini de Sylva, Paola De Pietri, Adele Ghirri (per l’archivio eredi Luigi Ghirri), Luce Lebart (della direzione artistica di Fotografia Europea), membri della giuria 2024. Motivazione: «per l’utilizzo consapevole del linguaggio fotografico, per la scelta di rivolgere lo sguardo verso microcosmi ai quali siamo interconnessi in modo invisibile e spesso inconsapevole. Per aver affrontato l’ambiguità dell’immagine fotografica in modo coerente e poetico». 

Fotografa, scrittrice, curatrice e, nel tempo libero, volontaria in un centro di recupero per animali selvatici, nell’ultimo anno Casagrande ha meritato, oltre al Premio Luigi Ghirri, anche l’FE+SK Book Award 2024 con il libro fotografico All Things Laid Dormant, pubblicato con Skinnerboox, e la menzione speciale dalla giuria alla 13ma edizione del Premio Francesco Fabbri.

La sua ricerca di artista, curatrice e scrittrice si muove nel solco della «slow research» (dal modello di Carolyn F. Strauss), che oppone alla iper-velocità del nostro tempo la lentezza e l’ascolto partecipe dell’altro da sé (un «altro» non tanto umano ma, piuttosto, animale, vegetale, minerale), in cerca di una connessione emotiva con una realtà più vasta, interspecie. «All Things Laid Dormant», spiega l’artista, è dunque al tempo stesso «un’ode e un lamento, un atto di amore e una espressione di cordoglio che incarna la sofferenza del lutto e il desiderio di ritrovare un luogo e un senso di appartenenza nel contesto fragile del nostro tempo». 

Benedetta Casagrande, «Untitled (Cracked)» dalla serie «All things laid dormant», 2024. © Casagrande Benedetta

Ada Masoero, 10 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

Benedetta Casagrande mette in luce la fragilità del nostro tempo | Ada Masoero

Benedetta Casagrande mette in luce la fragilità del nostro tempo | Ada Masoero