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Un’esposizione corale riunisce diciannove artiste, da Heba Y. Amin a Mona Hatoum, da Rossella Biscotti a Teresa Margolles, da Fiona Banner a Nora Turato, scelte per interrogare il nostro presente partendo dalle sue ferite
- Jenny Dogliani
- 28 ottobre 2025
- 00’minuti di lettura
Uno still dal video «Pranayama Organ», 2021, Fiona Banner
Courtesy the artist and Frith Street Gallery, London. © Fiona Banner Studio
Alla Fondazione Merz l’arte smaschera il potere
Un’esposizione corale riunisce diciannove artiste, da Heba Y. Amin a Mona Hatoum, da Rossella Biscotti a Teresa Margolles, da Fiona Banner a Nora Turato, scelte per interrogare il nostro presente partendo dalle sue ferite
- Jenny Dogliani
- 28 ottobre 2025
- 00’minuti di lettura
Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoli«Dimani nella battaglia pensa me… e cada la tua spada senza filo. Dispera e muori!». La maledizione di Riccardo III, con cui Shakespeare condanna il potere, suona ancora oggi come un avvertimento inascoltato.
Un monito da cui nasce «Push the Limits 2. La cultura si sveste e fa apparire la guerra», il nuovo capitolo del progetto ideato da Claudia Gioia e Beatrice Merz alla Fondazione Merz fino al 2 febbraio 2026. Un’esposizione corale che riunisce diciannove artiste, da Heba Y. Amin a Mona Hatoum, da Rossella Biscotti a Teresa Margolles, da Fiona Banner a Nora Turato, scelte per interrogare il nostro presente partendo dalle sue ferite.
Il titolo è una dichiarazione d’intenti: l’arte come atto di smascheramento, che si libera di ogni retorica e di ogni ornamento per guardare la realtà senza mediazioni. Diciannove artiste portano alla Fondazione Merz ricerche diverse per generazione, linguaggio e provenienza: c’è chi lavora sul linguaggio e sulla sua fragilità, chi sul corpo, sulla memoria, sulla violenza o sulla possibilità di riscrivere la storia.
Heba Y. Amin intreccia immaginazione politica e ironia corrosiva per decostruire le narrazioni mediatiche dei conflitti; Mirna Bamieh trasforma il cibo e la convivialità in strumenti di resistenza culturale; Rossella Biscotti indaga il potere e le sue strutture, recuperando voci e documenti istituzionali; Fiona Banner riflette sulla retorica della guerra e del corpo; Mona Hatoum e Teresa Margolles rendono visibile la violenza nella materia quotidiana; Latifa Echakhch lavora sull’assenza e sullo svuotamento simbolico, mentre Cécile B. Evans e Dominique Gonzalez-Foerster esplorano l’emotività e la percezione come spazi di libertà.
Per la mostra, tutte le artiste sono state invitate a presentare opere inedite o riadattate per gli spazi della Fondazione: interventi che dialogano con l’architettura e con la tensione concettuale del progetto, alternando intimità e brutalità, poesia e denuncia. L’intero progetto, spiegano le curatrici, nasce dal bisogno di sottrarre l’arte al silenzio e alla ripetizione.
Fondazione Merz, via Limone, 24, To, tel. 011/19719437, fondazionemerz.org, «Push the Limits 2. La cultura si sveste e fa apparire la guerra» fino al 2 febbraio