«Venus Resting» (2021) di Erika Verzutti da Nottingham Contemporary

Foto Stuart Whipps. Cortesia dell’artista, di Fortes D’Aloia & Gabriel e Andrew Kreps Gallery

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«Venus Resting» (2021) di Erika Verzutti da Nottingham Contemporary

Foto Stuart Whipps. Cortesia dell’artista, di Fortes D’Aloia & Gabriel e Andrew Kreps Gallery

Alla Fondazione Ica, artisti disobbedienti

Erika Verzutti e Formafantasma

Un’artista brasiliana, Erika Verzutti (San Paolo, 1971) alla sua prima personale in Italia, ma forte di numerose personali in grandi musei internazionali, e un pluripremiato studio di design, Formafantasma, fondato nel 2009 da Andrea Trimarchi (1983) e Simone Farresin (1980), basato a Milano e Rotterdam e orientato verso una visione «olistica» del design, sono i protagonisti delle due mostre presentate da Fondazione Ica dal 10 aprile al 19 luglio. Curate da Chiara Nuzzi e Alberto Salvadori la prima, dal solo Salvadori (fondatore e direttore di Fondazione Ica) la seconda, le due mostre condividono la visione laterale e «disobbediente» di tutti i protagonisti. E propongono una lettura critica, quando non irriverente, della cultura in cui siamo immersi. 

I poli entro cui si muove la riflessione di Erika Verzutti nella sua mostra intitolata «Notizia» sono da un lato la natura (quella tropicale e sensuosa del suo Paese), dall’altro l’informazione pervasiva e stordente da cui tutti siamo sommersi: «Come molti della nostra generazione, spiega Alberto Salvadori, Erika è affascinata e al tempo stesso disorientata dall’over-informazione da cui siamo bersagliati: un’informazione volatile, però, alla cui impermanenza l’artista oppone la stabilità della natura, che ci sopravvivrà». Scaturiscono di qui le sue sculture: in mostra ne è esposto un corpus realizzato a Milano tra il 2023 e il 2024, servendosi, com’è sua abitudine, di materiali tradizionali e «nobili» come il bronzo e di altri feriali come la ceramica, la carta, la resina, con cui l’artista crea forme totemiche, spesso composte da riproduzioni di carnosi frutti tropicali o da grandi uova. Il tema è quello della fertilità, com’è provato anche da «Venus Revolta», l’opulenta figura femminile che evoca la «Venere di Willendorf», da lei adagiata, prona, a terra come fosse un cibo rituale. Lo stesso fa con le «colonne», collocate anch’esse orizzontalmente sul pavimento: «Le sue, continua Salvadori, sono forme sensuali, così com’è sensuale la natura tropicale. Erika colloca però le sue “colonne” di uova e di frutti a terra, orizzontalmente: un atto di disobbedienza ai canoni formali, sebbene allo stesso tempo sembri guardare al modello delle figure reclinate che ricorre dall’arte classica ed etrusca fino a Henry Moore». In mostra sono esposti anche i singolari rilievi a parete aperti da ovali irregolari, che talora incorporano ritagli di giornale, ricongiungendosi così all’altro polo del suo lavoro. 

Anche nella mostra «La Casa Dentro» di Formafantasma si assiste, seppure con diversi codici, a un’insofferenza verso i canoni consolidati della modernità. Nei lavori, tutti inediti, esposti dai designer si palesa infatti un forte ripensamento, uno scarto, nella direzione di un design per così dire «affettivo», che possa includere senza scandalo anche quelle «buone cose di pessimo gusto» di gozzaniana memoria che racchiudono in sé tanto la memoria delle mani che le hanno realizzate quanto le memorie d’infanzia di molti di noi. Perché la casa di Formafantasma è sì un luogo fisico ma è soprattutto (lo dice il titolo) la memoria delle relazioni intessute al suo interno: un luogo emotivamente accogliente, dunque, che nega l’anatema di Adolf Loos (Ornamento e delitto il titolo del suo libro programmatico del 1908) e il proclama «Less is more», attribuito a Mies van der Rohe. Ecco allora mobili e oggetti dai modi «gentili»: ricami, legni dipinti con motivi floreali, fiori ornamentali modellati nel vetro, in opposizione all’estetica asettica, «ospedaliera» cara al design del Modernismo: «Quella di Formafantasma, chiarisce Salvadori, è una critica alla “mascolinità” di quel design modernista che ha plasmato il gusto di intere generazioni. Ma intanto, specie nella provincia, esisteva una modalità opposta, fondata sulla necessità del “decorare”: Formafantasma mette insieme questi due elementi in modo affascinante, dando vita a un’estetica del ricordo, grazie all’accostamento dei due opposti». 

«Archivio Massimo», veduta della mostra di Formafantasma nella Galleria Massimo Minini, Brescia, 2023

Ada Masoero, 10 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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