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Diadeema Manchester, Cartier Paris, 1903

© Victoria and Albert Museum, London

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Diadeema Manchester, Cartier Paris, 1903

© Victoria and Albert Museum, London

All’Hôtel de la Marine manca il diadema rubato al Louvre

Dopo le mostre dedicate al Medioevo e al Rinascimento, la Collezione Al Thani celebra la storia del gioiello dal 1700 al 1950

Nella mostra della Collection Al Thani, che si apre il 10 dicembre all’Hôtel de la Marine di Parigi, «Gioielli dinastici. Potere, prestigio e passione, 1700-1950» (fino al 6 aprile 2026), sarebbe dovuto essere esposto anche un pezzo straordinario della Corona di Francia: il diadema dell’imperatrice Eugenia, commissionato da Napoleone III ad Alexandre-Gabriel Lemonnier nel 1853 e composto da 212 perle e 2.990 diamanti. Ma lo splendido gioiello figura tra gli otto tesori clamorosamente rubati lo scorso ottobre dal Salon d’Apollon del Louvre.

Dopo il furto il museo parigino ha naturalmente sospeso ogni prestito. Malgrado l’ombra del furto, la mostra celebra il fasto dinastico ed è il terzo capitolo di una trilogia nata dalla collaborazione tra la Collection Al Thani e il Victoria and Albert Museum di Londra, dopo le mostre dedicate ai tesori del Medioevo e del Rinascimento. Curata da Emma Edwards, project curator al V&A, la mostra esplora tre secoli di storia del gioiello, come «espressione senza tempo di potere e di prestigio, ma che si rivela qui anche come un oggetto intimo, custode di sentimenti e messaggero di favori reali», si legge in una nota. 

Molti di questi pezzi sono esposti in Francia per la prima volta. Il percorso, distribuito in quattro sale, si apre sulle «pietre preziose». Vi sono esposti, tra gli altri: il diamante Étoile de Golconde di 57,31 carati e la Briolette des Indes di 90,36 carati. Segue la sezione dedicata ai «diademi», undici in tutto, capolavori di ingegneria orafa, dal Leuchtenberg attribuito a Fossin (1830-40 ca) al Manchester di Cartier (1903), fino al Fleur-de-Lys, realizzato nel 1937 per le nozze della principessa Maria-Francesca di Savoia con il principe Luigi di Borbone. La sala «Splendori dinastici» è il cuore della mostra. Vi sono allestiti gioielli appartenuti all’imperatrice Giuseppina di Beauharnais, prima moglie di Napoleone I, tra cui una spilla in zaffiro e un paio di orecchini in perle e diamanti, all’imperatrice Caterina II di Russia, con una spilla a forma di fiore e ornamenti da abito tempestati di diamanti, o ancora alla regina Vittoria, tra cui una coroncina di zaffiri e diamanti, disegnata dallo stesso principe consorte Alberto nel 1840, anno del loro matrimonio. Sono esposte anche la grande spilla «plume de paon» realizzata da Mellerio, con zaffiri, rubini, diamanti e smeraldi, per l’imperatrice dei francesi Eugenia, e una spilla di diamanti a forma di rosa appartenuta alla principessa Mathilde Bonaparte. L’ultima sala è dedicata al ’900 e al gioiello moderno. Qui sfilano la spilla Panthère della duchessa di Windsor (Cartier, 1949), la «collerette» della regina Nazli d’Egitto (Van Cleef & Arpels, 1939) e il celebre Occhio di Tigre, diamante brunito di 61,5 carati incastonato da Cartier come ornamento da turbante per il maharajah di Nawanagar.

Helena Zimmerman, duchessa di Manchester, 1911 o 1912. © Library of Congress, George Grantham Bain Collection-Wikimedia Commons

Luana De Micco, 06 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

All’Hôtel de la Marine manca il diadema rubato al Louvre | Luana De Micco

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