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«Nixe’s Mate» (1961) di Larry Poons

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«Nixe’s Mate» (1961) di Larry Poons

Al Mumok triplice Warhol e la sua Factory

Il museo di Vienna inquadra il maestro di Pittsburgh nel suo contesto coevo

Flavia Foradini

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L’ultima volta che Andy Warhol espose al Mumok era il 1981, l’artista era ancora in vita. Ora il museo viennese gli dedica, a cura di Marianne Dobner e Naoko Kaltschmidt, una trilogia di mostre su vari piani dell’edificio, con l’intento non soltanto di presentare nuovamente Warhol nella capitale austriaca a distanza di 40 anni, ma anche di approfondire il suo intorno culturale e artistico, ed evidenziare affinità con altri artisti sia coevi, sia successivi, soprattutto relativamente al concetto di serialità.

La prima parte inaugurata d’estate, «Misfitting together, formazioni seriali della Pop art, della Minimal art e dell’Arte concettuale» (fino al 6 gennaio) rimanda al contesto storico artistico nel quale operò l’artista di origini slovacche e mette in luce, soprattutto con opere seriali di grande formato, le contiguità fra movimenti e tendenze a partire dagli anni ’60.

Fra le opere esposte della mostra il cui titolo rimanda a una definizione che Warhol diede della comunità di artisti della sua Factory («in qualche modo insieme disassortiti») spiccano «Afghanistan» di Alighiero Boetti con i suoi 720 francobolli (1974), gli undici telegrammi di On Kawara («Sono ancora vivo», 1970), alcuni lavori di Roy Lichtenstein, il grande «Love» in bianco e nero che nel 1968 Robert Indiana dedicò a Martin Luther King, la lunga serie di gigantografie di pagine da un catalogo di pistole (Lutz Bacher, 2019), e i 22 cortometraggi di Peter Roehr («Filmmontagen I-III», 1965).

Nella seconda e terza parte, «Andy Warhol Exhibits a Glittering Alternative» e «Defrosting The Icebox», aperte dal 25 settembre, l’accento è posto sia sulle installazioni di Warhol, sia sulla sua attività di curatore, fra l’altro con opere dalla sua prima mostra «Fifteen Drawings Based on the Writings of Truman Capote» (1952) e sculture in carta e disegni della prima metà degli anni ’50, mai esposti finora, nonché una selezione di varie tipologie di opere dagli anni ’60, ’70 e ’80.

Come significativo pendant, all’ultimo piano del museo, i curatori ripropongono il Mouse Museum di Claes Oldenburg, sviluppato dalla metà degli anni ’60 al 1977, a forma di testa di Topolino e zeppo di oggetti quotidiani, soprammobili, giochi.

«Nixe’s Mate» (1961) di Larry Poons

Flavia Foradini, 24 settembre 2020 | © Riproduzione riservata

Al Mumok triplice Warhol e la sua Factory | Flavia Foradini

Al Mumok triplice Warhol e la sua Factory | Flavia Foradini