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Flavia Foradini
Leggi i suoi articoliQuello di Michaelina Wautier (1620 ca-1682) è un destino che la vede accomunata a molte altre artiste del passato. Ebbe infatti successo in vita, e contrariamente alla prassi secondo cui le donne dovevano cimentarsi artisticamente soprattutto con scene di genere e nature morte, Michaelina spaziò in molti altri campi: dalle rappresentazioni storiche a quelle allegoriche, a quelle religiose e mitologiche, ai ritratti. Dopo la morte il suo nome venne dimenticato e le sue opere perlopiù attribuite ad altri: innanzitutto al fratello maggiore Charles, anch’egli pittore, ma anche alla scuola di Rubens ovvero a Luca Giordano, come nel caso del «Trionfo di Bacco», o a Thomas Willeboirts Bosschaerts, o ancora a Jakob van Oost il Vecchio, o ad Artemisia Gentileschi, che venne ritenuta autrice dell’autoritratto datato 1649.
Con quattro dipinti, fra cui il «Trionfo di Bacco», il Kunsthistorisches Museum vanta la maggiore collezione al mondo dell’artista fiamminga, radicata negli acquisti dell’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Austria, governatore dei Paesi Bassi spagnoli dal 1647 al 1656 e grande amante delle arti. Durante la sua reggenza a Bruxelles, con la consulenza di David Tenier il Giovane acquistò fra l’altro opere di Rubens, Frans Snyder, Jan van der Hoecke, Frans Wouters. Di Wautier, oltre al «Trionfo di Bacco», l’Asburgo acquisì anche «San Gioacchino», «San Giuseppe» e «San Gioacchino intento nella lettura». Altre importanti opere di Wautier sono oggi in forza al Kmska (Museo Reale di Belle Arti) di Anversa, ai Musées des Beaux-Arts di Bruxelles e al Seattle Art Museum, mentre alcuni dipinti sono in collezioni private. Proprio all’impegno di due istituzioni municipali di Anversa, la Rubenshuis e il Mas, si deve la riscoperta dell’artista fiamminga, al centro di una mostra congiunta svoltasi dall’1 giugno al 2 settembre 2018.
Col titolo «Michaelina Wautier. Artista del Barocco fiammingo», dal 30 settembre al 22 febbraio 2026 il Khm presenta tutte le opere di Wautier di attribuzione certa giunte fino a noi, realizzando così la maggiore mostra mai organizzata finora: 29 dipinti, fra cui il ciclo «I cinque sensi», per la prima volta al completo in Europa da quando venne dipinto, grazie a un prestito del Fine Art Museum di Boston, cui l’opera è stata data in comodato dai collezionisti Rose-Marie e Eijk van Otterloo. Attorno al nucleo di opere di Wautier, al Khm sono disposti altri 50 lavori di artisti del tempo, fra cui Rubens e Van Dyck, e oggetti che ricreano un’ambientazione storica dell’epoca. «Purtroppo poco è ancora noto della vita e dell’attività di Wautier, ci dice la curatrice Gerlinde Gruber. Non ci sono pervenute informazioni o commenti dell’epoca sui suoi dipinti. Sappiamo che contrariamente al fratello Charles, con cui viveva e con cui probabilmente condivideva un atelier, non entrò mai a far parte della gilda dei pittori di Bruxelles».

Michaelina Wautier, «Due ragazze come Sant’Agnese e Santa Dorotea», 1650 ca, Anversa, Museo Reale di Belle Arti

Michaelina Wautier, «Ragazzi che soffiano bolle», 1640 ca, Seattle, Seattle Art Museum
Da qui anche la difficoltà nell’attribuzione dei suoi dipinti: «Solo in tempi recenti numerose sue opere sono state ascritte effettivamente a lei: il “Trionfo di Bacco” nel 1967 a opera di Günther Heinz; nel 1983, nel corso del restauro dell’“Annunciazione”, Marie-Amynthe Denis scoprì la firma di Wautier sul dipinto, che fino ad allora era stato ritenuto di Pierre Bedeau. Per altre opere si è dovuto attendere gli anni Duemila, per esempio per lo “Sposalizio di santa Caterina”, per “Due ragazzi che soffiano bolle di sapone” e per “Giovanni Battista da giovane”. Solo nel 2013 l’autoritratto, che fino a quel momento pareva opera di Artemisia Gentileschi, venne ricondotto a Wautier da Katlijne Van der Stighelen, Jan Kosten e Fred G.M. Meijer».
L’originalità di Wautier si basa su diversi fattori: «In particolare l’aspetto cromatico delle sue opere. Come i grandi pittori dell’antichità, con soli quattro colori riusciva a ottenere stupendi risultati, aggiunge Gruber. In nessuno dei suoi dipinti sono stati trovati pigmenti blu, e per delle ghirlande di fiori fece uso di lapislazzuli. La sua originalità risalta anche nella profondità psicologica dei suoi ritratti e nel tocco umoristico di alcune opere. Basti pensare all’uovo marcio che nel ciclo dei “Cinque Sensi” richiama l’olfatto: è un tratto spiritoso che crea subito un collegamento con l’osservatore, perché chi non conosce la sgradevolezza di quel tipico odore?».
Fra le opere restaurate in vista della mostra figurano «L’annunciazione» di Gaspar de Crayers, «San Eligio» e «Il Messaggero di Carlo II» di Charles Wautier, e il ritratto di San Gioacchino: «Per essere appeso nella Stallburg di Vienna come sovrapporta, era stato tagliato in uno stretto ovale ed era stato poi archiviato in un deposito. Solo negli anni Sessanta del ’900 è stato riportato all’originale forma rettangolare. Per la mostra si è provveduto a ricondurre alla cromia del resto dello sfondo le parti aggiunte per ricreare il rettangolo, lasciando tuttavia visibile il carattere frammentario dell’opera ricostituita». Gruber non esclude che vi possano essere ancora opere erroneamente attribuite ad altri pittori: «È certamente possibile. Già solo nelle fonti che ci sono state tramandate vengono menzionati almeno altri quattro suoi dipinti che mancano all’appello. Del ritratto di Cantelmo sappiamo addirittura che aspetto aveva, grazie a un’incisione. Nel caso di Wautier siamo ancora di fronte a più domande aperte che a risposte. La mostra ci ha permesso di riunire la maggior parte delle sue opere, offrendo sia al pubblico sia agli studiosi la possibilità di goderne e studiarle. Quindi le basi sono poste, ma le ricerche devono proseguire». In forma ridotta, la mostra sarà aperta alla Royal Academy of Arts di Londra dal 27 marzo al 21 giugno 2026.

Michaelina Wautier, «Autoritratto», 1654 ca, collezione privata. © MFA Presse