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Alessandro Martini
Leggi i suoi articoliDal 1992, anno tragico delle stragi di Capaci e via d’Amelio in cui vennero uccisi i giudici Falcone e Borsellino con le loro scorte, la memoria di quegli eventi è stata tenuta vigile, in particolare a Palermo. Ma il desiderio è sempre stato di non limitarsi al solo ricordo di quei fatti tragici, ma di sollecitare una presa di coscienza fattiva e operativa da parte della comunità, e dei giovani soprattutto.
Oggi, in vista del trentennale delle stragi, la Fondazione Falcone (da sempre impegnata nella promozione della «cultura della legalità») lancia un progetto di «design sociale per la memoria» significativamente intitolato «Spazi Capaci + Comunità Capaci», a cura di Alessandro de Lisi. Il riferimento alla località di Capaci appena fuori Palermo verso l’aeroporto di Punta Raisi, in cui il 23 maggio 1992 Giovanni Falcone venne ucciso insieme alla moglie Francesca Morvillo, suggerisce anche la «capacità», l’impegno e la competenza richiesta a una comunità, quella palermitana (e siciliana, italiana…), chiamata a reagire e a farsi propositiva.
Grazie alla partecipazione della Polizia di Stato (per la prima volta nella sua storia impegnata direttamente sul fronte dell’arte contemporanea), un nuovo progetto di installazione urbana è stato installato nell’edificio della Questura di Palermo, luogo altamente simbolico della città e della lotta alla mafia. Si tratta dell’opera «Branco» dell’artista lombardo Velasco Vitali: 53 sculture di cani realizzati con materiali recuperati da opere di edilizia abusiva, simbolo della minaccia costante degli interessi criminali e che, spiegano gli organizzatori, «cambiano significato a seconda di dove queste vivono in relazione con il pubblico». Ciascun cane è intitolato a una città «estinta». Dopo la prima tappa nell’Aula bunker, in cui si tenne il maxiprocesso a Cosa Nostra, l’opera troverà altre sedi in città.
«Trovo emblematica e molto suggestiva l’idea che il “Branco”, che simboleggia l’attacco della criminalità allo Stato, passi dall’Aula bunker che invece incarna la vittoria dello Stato su Cosa Nostra, alla Questura di Palermo, altro luogo simbolo dei successi contro la criminalità», confesso Maria Falcone, presidente della Fondazione Falcone.
«L’arte deve essere libera di agire, nessun condizionamento deve limitare il linguaggio e le scelte politiche degli artisti, altrimenti è decorazione, pericolosa retorica, propaganda, conferma il curatore Alessandro de Lisi, e quando sottolinea luoghi e memorie compie quel passo di impegno civile che deve trasformare le città, fare delle periferie nuovi centri di dignità e rianimare le parti storiche». E conclude: «Le opere possono anche rafforzare il legame tra cittadinanza e istituzioni come in questo caso, unico finora, qui in Questura che è contemporaneamente un monumento, un luogo di lavoro, un sacrario di memorie».
Velasco Vitali con la sua opera «Branco» nella Questura di Palermo
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